Categorie: Spazio

Il peso delle galassie

Nell’ultimo decennio la realizzazione del potente telescopio spaziale Hubble e di altri telescopi a grande diametro realizzati a terra hanno permesso di conoscere più a fondo il nostro universo. Tra gli argomenti di maggiore interesse sollevati dalle esplorazioni spaziali c’è la forma e la dinamica evolutiva delle galassie, nonché la relazione che lega la presenza dei buchi neri ad altre caratteristiche delle galassie stesse. Di questo parla un recente articolo pubblicato su Science, che riassume i contenuti emersi durante un workshop organizzato dall’European southern observatory di Monaco sulla piccola e pittoresca isola di San Servolo nella laguna veneta. Galileo ha incontrato Francesco Bertola, docente di astrofisica all’Università di Padova e autore dell’articolo.

Professor Bertola, ci può spiegare come siete riusciti a determinare la massa della nostra galassia?

“Grazie allo studio del moto delle galassie vicine, che si muovono all’interno del potenziale creato dalla nostra galassia. Per determinare tale massa è necessario conoscere sia la componente radiale della velocità che quella trasversa. Quest’ultima si ricava dal moto proprio della galassia, ovvero della sua velocità angolare. Nota la distanza tra il baricentro del sistema e la galassia stessa, dalla velocità angolare si ottiene quella trasversa. I potenti strumenti di cui gli astrofisici attualmente dispongono hanno permesso di ottenere una misura di entrambe le velocità e di stimare la massa della galassia a cui il nostro pianeta appartiene: essa sarebbe pari a circa 2*1012 volte la massa solare. Si pensa di arrivare a una stima addirittura migliore grazie alla missione spaziale Gaia, prevista per il 2010”.

Siete riusciti a “mettere sulla bilancia” anche altre galassie, oltre la nostra?

“La misura delle masse delle galassie è uno dei grandi capitoli dell’astrofisica. In un certo senso è molto più facile determinare la massa di una galassia esterna, completamente “sott’occhio”, che quella della nostra nella quale siamo immersi. Vi sono quindi delle buone stime per le masse delle altre galassie”.

Secondo i dati più recenti il rapporto tra asse minore e maggiore dell’alone della nostra galassia è pari a 0.8. La misura di questo valore cosa ha permesso di determinare?

“Ha fornito ulteriori informazioni sulla forma della nostra galassia: essa è quasi sferica e non è invece appiattita come il disco stellare. Il suo valore, pari a 0.8, è la migliore determinazione del rapporto assiale dell’alone oscuro della nostra galassia mai ottenuto”.

Quali sono attualmente le più accreditate teorie sulla storia della formazione delle galassie?

“Gli attuali modelli sulla formazione delle galassie sono due: quello monolitico e quello gerarchico. Il primo afferma che le galassie si sono formate in seguito a un collasso del plasma primordiale e che successivamente si siano evolute indipendentemente le une dalle altre. Invece secondo la teoria gerarchica la formazione delle galassie è avvenuta da fusioni di strutture più grandi succedutesi nel tempo. Ci sono argomenti in favore sia dell’una che dell’altra teoria”.

Per quale motivo è importante la relazione tra la massa dei corpi neri presenti all’interno di una galassia e quella della componente sferoidale della galassia stessa?

“Si ritiene che i buchi neri siano presenti in tutti i nuclei delle galassie. Il fatto che ci sia una relazione ben definita tra la massa della galassia e quella del buco nero deve essere spiegato dai modelli di formazione delle galassie. Se una galassia ha cambiato la sua massa nel corso della sua evoluzione anche quella del buco nero deve essere cambiata. Si sta indagando sui possibili processi”.

Con l’esperimento Good (Great observatories origins deep surveys) verrà esplorata una piccola porzione del cielo delle dimensioni della luna piena. In questo modo gli scienziati sperano di ottenere ulteriori informazioni sull’alba del nostro universo…

“Dal momento che non è possibile fare indagini di tutto il cielo a grandi profondità ci si limita a ben determinate e ristrette zone del cielo. Andare in “profondità” significa poter studiare l’evoluzione nel tempo, dalle protogalassie appena formatesi alle galassie attuali, vecchie di 15 miliardi di anni”.

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