Il pianeta cablato

    Un cavo di fibre ottiche lungo 28 mila chilometri che dall’Inghilterra fino al Giappone, passando sotto i mari, collegherà l’Europa all’Asia. Un cavo in grado di trasmettere, da solo, lo stesso flusso di dati digitali gestito oggi da 120 mila linee telefoniche. Il tutto a una velocità di comunicazione pari a 64 mila bytes al secondo, di parecchio superiore a quella attuale. Ecco la carta d’identità di Flag, il Fiberoptik Link Around the Globe. Il progetto, che prenderà il via a settembre in Inghilterra, contribuirà a rendere le comunicazioni attraverso il pianeta sempre più veloci, meno care e più effcienti. Galileo ha chiesto a Giuseppe Richeri, esperto di economia dei media, docente di Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa presso la Facoltà di scienze politiche di Firenze e direttore di numerosi progetti di ricerca presso il centro studi veneziano di san Salvador di Telecom Italia, un parere su questo progetto.

    Professor Richeri, è possibile che Flag rappresenti il primo tassello di una rete più vasta, una sorta di “sistema nervoso” planetario delle comunicazioni?

    “Per ora non si può ancora parlare di “sistema nervoso planetario”, dal momento che Flag prevede di collegare 12 paesi partendo dal Regno Unito per arrivare al Giappone con l’interconnessione di Francia, Spagna, Italia, Egitto, Emirati Arabi Uniti, India, Tailandia, Malesia, Hong Kong, Cina, Corea e Giappone. Da questo punto di vista appaiono oggi in posizione assai più avanzata i progetti in via di realizzazione delle reti basate sui satelliti a orbita bassa, come Iridium, che saranno accessibili da (quasi) ogni punto della terra. Vi sono altri aspetti tuttavia che rendono Flag un progetto interessante: sarà un cavo sensibilmente più lungo dei cavi sottomarini impiegati finora, con una capacità di “carico” e una velocità decisamente superiori. Inoltre, sarà il primo cavo di telecomunicazioni internazionale ad avere una stazione di collegamento in Cina”.

    Secondo il settimanale tedesco Der Spiegel, Flag non rientra nei piani del gigante americano delle comunicazioni AT&T né delle altre società Telecom. Allora chi sono i promotori del progetto?

    “Si tratta di un consorzio internazionale che vede la partecipazione di capitali arabi, giapponesi, americani e del sud-est asiatico. Tra i partner principali vi sono il gruppo bancario Dallah Al Baraka con sede in Arabia Saudita, il gruppo finanziario Gulf Associated di New York, l’Asian Investment Fund di Hong Kong, la Telecom Holding Co. di Bankok, una delle Baby Bell americane, la Nynex, e una delle maggiori conglomerate giapponesi, la Marubeni Corp., proprietaria tra le altre cose della Nissan automobili. Sono gruppi molto noti nelle rispettive aree d’attività, anche se non altrettanto in Europa. Credo che la presenza di grandi imprese con una lunga tradizione di presenza in Borsa e il coinvolgimento dei paesi sopra citati possa costituire un “pregiudizio” positivo sulla trasparenza e la rispettabilità economica e imprenditoriale dell’iniziativa. Per quanto riguarda i gestori di telecomunicazione dei paesi “toccati”, essi sono pronti a interconnettere le loro reti nazionali con Flag in base a criteri di opportunità commerciale”.

    Come cambierà la qualità delle telecomunicazioni, soprattutto alla televisione via cavo, grazie alla trasmissione digitale?

    “Le trasmissioni digitali basate sulle reti a larga banda (via cavo, satellite, ecc.) permetteranno di sviluppare i servizi televisivi sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Da una parte si tratta di moltiplicare per 8-10 il numero di “canali” televisivi analogici tradizionali, migliorando la qualità di trasmissione e diminuendone il costo unitario. Dall’altra si tratta di affiancare ai servizi televisivi diffusi (da punto a massa) e distribuiti (da punto a multi-punto) quelli che offrono gradi di interattività (da punto a punto): sia un’interattività di tipo asimmetrico, come i servizi di video on-demand, sia quella di tipo simmetrico come i servizi di video-comunicazione”.

    Quale sarà l’impatto della tecnologia digitale sul mercato delle telecomunicazioni?

    “Quando si parla di telecomunicazioni occorre tener conto che ci si riferisce a diversi tipi di imprese: ci sono le imprese che producono gli apparati di telecomunicazione, quelle che gestiscono i servizi di trasmissione utilizzando infrastrutture come i cavi, i satelliti o i sistemi wireless, quelle che producono i contenuti distribuiti attraverso i servizi di telecomunicazione e le infrastrutture. Le attività di questi distinti livelli possono combinarsi in diversi modi o possono restare “isolate”, ma si tratta di attività che hanno caratteristiche economiche e culture d’impresa nettamente distinte. Tendenzialmente nel corso dei prossimi anni il costo dei servizi di trasmissione diminuirà, mentre il costo dei contenuti probabilmente crescerà. Ovvero i servizi il cui valore aggiunto è costituito dal trasporto e dalla commutazione dei segnali, come il telefono, vedranno in generale una progressiva riduzione delle tariffe con un vantaggio per tutti, compresi i paesi in via di sviluppo dove in questi ultimi anni l’installazione delle linee telefoniche cresce a una media dell’8% all’anno. Ma i servizi il cui valore aggiunto è costituito prevalentemente dai contenuti, come la televisione, continueranno a essere discriminati in base alla capacità di pagamento degli utenti finali”.

    E secondo lei in che modo tutto questo potrebbe riflettersi sui paesi in via di sviluppo?

    “E’ probabile che i paesi in via di sviluppo vedranno nei prossimi anni una crescita più rapida che in passato dei servizi telefonici di base, anche se occorre sottolineare che il gap che divide paesi “arretrati” e paesi “avanzati” è enorme: alcuni analisti sostengono che il numero totale di linee telefoniche che erano installate nel 1992 nell’intero continente africano era pari al numero di linee installate nell’area metropolitana di Tokyo”.

    Secondo la banca Morgan Stanley nel 2000 gli utenti di Internet nel mondo saliranno a 170 milioni nel mondo. Che prospettive offrono loro le nuove reti digitali e come potrà modificarsi il mondo del “telelavoro”?

    “Occorrerà vedere innanzi tutto se le infrastrutture di rete e l’attuale sistema tariffario saranno in grado di reggere i tassi di crescita previsti, cioè se gli utenti sopporteranno l’inevitabile decadimento del servizio (crescente lentezza, mancato collegamento, ecc.). Per quanto riguarda il mondo del lavoro occorre sottolineare ancora una volta che le sue modificazioni eventuali non sono determinate dallo sviluppo tecnologico. Già oggi ci sono le risorse tecniche per sostenere un rapido e ampio sviluppo di forme di lavoro a distanza. Ma affinché il telelavoro diventi una pratica diffusa in grado di comprendere larga parte delle attività “telelavorabili” è indispensabile un profondo rinnovamento della cultura e dell’organizzazione delle imprese, delle scuole, delle amministrazioni pubbliche. E anche, nel caso del telelavoro a domicilio, degli spazi abitativi”.

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