“Qualcosa di strano, un errore non voluto. Una svista, probabilmente. Altrimenti non me lo spiego”. Non riesce a darsi pace Carlo Alberto Ricci, presidente della Commissione Scientifica del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra). Nella Finanziaria in discussione in Parlamento manca infatti il finanziamento per il prossimo anno del Pnra. Circa 30 milioni di euro che il governo italiano avrebbe prima garantito con l’approvazione del Programma di ricerca per il triennio 2005-2007, sottoscritto lo scorso luglio dal viceministro della Ricerca Guido Possa, e che ora sono spariti dai piani della Finanziaria. Così, dopo i primi soldi stanziati per il 2005 (29,5 milioni di euro) a rischio ci sono quelli per il 2006 e per il 2007 (30,7 milioni di euro). In questi giorni Ricci sta parlando con rappresentanti del Ministero dell’Economia e della Ricerca i quali assicurano che si sta facendo il possibile per risolvere la questione. E cioè far ricomparire quei soldi che incomprensibilmente sono spariti. “È tutto incomprensibile”, continua Ricci, “anche perché lo scorso 4 ottobre il ministro italiano Moratti e il suo collega francese Goulard, alla presenza dei presidenti Chirac e Berlusconi, hanno firmato all’Eliseo un accordo intergovernativo per la collaborazione italo-francese in Antartide che prevede, fra l’altro, la conduzione della stazione comune Concordia per i prossimi 10 anni. Se non ci fossero quei soldi l’accordo salterebbe”.Il mancato finanziamento (“un’ipotesi che ritengo talmente lontana che non abbiamo preso ancora in considerazione”, dice Ricci) arriverebbe proprio in uno dei momenti chiave della ricerca italiana e internazionale in Antartide. Dopo 12 anni di lavori, tra qualche mese, sarà inaugurata la base Concordia realizzata a oltre mille chilometri dal mare di Ross in un punto in cui l’atmosfera è talmente trasparente da consentire studi di astrofisica che altrimenti sarebbero possibili solo da satellite. “Senza i soldi del 2006 saremmo così costretti a rivedere anche i nostri piani per il 2005”, spiega Ricci: “Entro qualche mese, infatti, 16 ricercatori italiani e francesi raggiungeranno Concordia e lì rimarranno fino a novembre del prossimo anno. Ma se non ci sarà il finanziamento non possiamo mandare il nostro personale perché poi non avremmo i soldi per garantirgli le attività di ricerca (esperimenti di astrofisica, climatologia anche a -80°C, ndr.) o, più semplicemente, per andarlo a riprendere”.Non solo. L’Italia rischierebbe di perdere tutto quel prestigio internazionale che in questi 20 anni di attività scientifiche al Polo Sud si è conquistato. Solo per citare alcuni esempi, grazie al contributo del Pnra (di cui fanno parte enti di ricerca nazionali come il Cnr, l’Enea, l’Ingv, l’Ogs e la Stazione Zoologica, e la maggior parte delle università italiane per un totale di circa 2.000 persone fra ricercatori e tecnici) è stata condotta “Epica” (la perforazione che ha estratto una carota di oltre 3.200 metri di ghiaccio dove è registrata la storia del clima degli ultimi 850 mila anni), messo a punto il progetto Ape, che ha portato un aereo stratosferico a volare nel vortice polare ed effettuare misure in situ nel buco dell’ozono, e portato avanti Boomerang, il progetto che ha portato un telescopio montato su un pallone stratosferico a volare nel vortice polare e a fotografare immagini dell’Universo primordiale risalenti a 15 miliardi di anni fa.Insomma, se si decidesse di abbandonare l’Antartide, l’Italia avrebbe molto da perdere a livello scientifico (per non parlare delle collaborazioni già avviate con industrie di tutto il mondo). Ma sarebbe anche un problema politico e diplomatico. Il Pnra, infatti, più che per motivi scientifici, è stato istituito dal nostro paese per far parte del Trattato Antartico, entrato in vigore nel 1961, che ha il compito di gestire, anche politicamente, un territorio che non è di nessuno, ma che come dimensioni è una volta e mezza l’Europa.