Il progetto di Obama per mappare il cervello

Se quello europeo, lo Human Brain Project (Hbp), era stato ribattezzato il Cern del cervello, il progetto simile (anche se solo in parte) made in Usa voluto da Obama è già diventato l’analogo delle neuroscienze di quanto venne fatto nella genetica con lo Human Genome Project, come scrive il New York Times. A quanto pare infatti una delle voci della proposta di budget del Presidente degli Stati Uniti riguarderebbe un importante progetto sul cervello, che potrebbe prendere in nome di Brain Activity Map project. Una conferma quindi di quanto annunciato da Obama nel suo discorso sullo Stato della Nazione, in cui affermava di voler puntare su cybersicurezza, ambiente, ricerca e scuola. 

Scopo dell’ambizioso progetto sarebbe quello di creare una mappa del cervello, cercando di comprenderne il funzionamento e i meccanismi che insorgono in malattie neurodegenerative comeAlzheimer e Parkinson, così da creare anche un background di informazioni utili per lo sviluppo di nuove terapie. Per quel che riguarda l’investimento, gli scienziati coinvolti nel progetto puntano a raccogliere più di 300 milioni di dollari l’anno (l’equivalente di quanto investito annualmente nello Human Genome Project). Ma non si tratterebbe solo di una spesa, anzi. Basti pensare al progetto genoma: costato 3,8 miliardi di dollari, avrebbe poi avuto un impatto economico di quasi 800 miliardi entro il 2010. 

Sulle tecniche e le strategie che verranno utilizzate per mappare il cervello, e il funzionamento delle centinaia di milioni di neuroni che lo costituiscono, qualche indizio arriva da uno studio pubblicato lo scorso anno su Neuronche citava proprio il Brain Activity Map Project. 

Per esempio, gli autori propongono la creazione di piccole macchine molecolari che funzionino dasensori a livello cellulare dell’attività dei neuroni. Infatti, spiegano gli scienziati ad oggi sebbene sia possibile avere una visione d’insieme delle attività cerebrali grazie alla magnetoencefalografia (Meg) e alla risonanza magnetica funzionale (fMri), queste tecniche mancano di specificità cellulare e di risoluzione temporale. Ovvero non permettono di immortalare la singola attività neuronale in un preciso istante. E malgrado i passi avanti fatti dalle tecnologia, come il calcium imaging  e il voltage imaging (che usano rispettivamente il calcio e i cambiamenti di voltaggio per monitorare l’attività elettrica dei neuroni), c’è bisogno di migliorare l’efficacia dei sensori e la loro risoluzione temporale. E di diminuire le loro dimensioni, come promettono di fare alcuni nanoparticelle e nanodiamanti particolarmente sensibili ai campi elettrici. Tutto questo, continuano gli autori dovrà essere abbinato a dei sistemi ottici (come obiettivi, telecamere e algoritmi) che permettano di considerare una vasta e profonda zona di analisi, magari in 3D e con tecnologie wireless per monitorare l’attività neuronale . 

A finire sotto il microscopio però non sarà però il cervello umano, almeno non subito. Gli scienziati infatti sperano di procedere per gradi, passando dallo studio prima della Drosophila, quindi di alcune regioni dei topi, e poi via verso strutture cerebrali più estese, fino a prendere in considerazione i primatiuna volta consolidato il progetto (i tempi parlano di circa 15 anni). 

A gestire i progetto, che potrebbe essere svelato ufficialmente a marzo, dovrebbe essere l’ Office of Science and Technology Policy, con la partecipazione del National Institutes of Health, dellaDarpa, della National Science Foundation dello Howard Hughes Medical Institute e dell’ Allen Institute for Brain Science di Seattle.

Via: Wired.it
Credits immagine: Reigh LeBlanc/Flickr

 

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