I sistemi planetari avrebbero nella maggior parte dei casi un’origine violenta. Un’origine fatta di collisioni, di pianeti leggeri espulsi dalle loro traiettorie, di orbite schiacciate. E’ quanto sostengono Fred Rasio ed Eric Ford, due astrofisici del Massachusetts Institute of Technology, dopo aver simulato al computer la nascita di un sistema planetario e aver studiato quelli finora osservati dagli astronomi. Poco più di un anno fa avveniva la prima scoperta di un pianeta extrasolare. Un telescopio svizzero individuava un oggetto misterioso nelle vicinanze di una stella. Ciò che in molti credevano da tempo, e cioè che il nostro Sole non fosse l’unico astro a essere attorniato da sfere di roccia e di gas, diventava una certezza. Da allora di possibili sistemi planetari extrasolari ne sono stati individuati una dozzina. Tutti con caratteristiche “anomale”, per chi, come noi, è abituato alla regolarità e all’ordine del sistema solare. I pianeti che orbitano intorno a stelle lontane sono quasi tutti molto pesanti e le traiettorie che percorrono hanno poco in comune con l’ellissi perfette descritte dalla Terra o da Saturno. Qualche settimana fa è stato persino osservato uno di questi pianeti muoversi su un’orbita a “otto volante” perché attratto da due stelle contemporaneamente. Secondo molti astronomi questi pianeti rappresentano delle eccezioni. Interessanti, ma pur sempre eccezioni. Sarebbe proprio la “stranezza” dei sistemi planetari extrasolari a renderli più facilmente individuabili. Le grandi masse e le orbite eccentriche li rendono molto più appariscenti di sistemi simili a quello solare, dove i pianeti si muovono quasi tutti sullo sesso piano. L’ipotesi di una selezione visiva non convince però Fred Rasio ed Eric Ford. La simulazione che hanno realizzato suggerisce invece che i sistemi planetari osservati poterebbe essere i più frequenti nel cosmo. A rappresentare un’eccezione sarebbe proprio il sistema solare. Rasio e Ford sostengono che un sistema come il nostro, dominato da un solo pianeta molto pesante (Giove) è una vera rarità. I dati sfornati dal computer del Mit mostrano che è molto più probabile la formazione di un sistema contenente almeno due pianeti aventi una massa simile a quella di Giove (più di 300 volte quella terrestre). E la presenza di due giganti come questi altera completamente lo scenario: i pianeti più leggeri possono addirittura essere espulsi dalle instabilità gravitazionali, le orbite dei pianeti pesanti si modificano, spesso si intersecano tanto da rendere possibili violente collisioni. Lo studio di Rasio e Ford, pubblicato sull’ultimo numero di Science, non ha solo conseguenze di tipo astrofisico. “Noi ci troviamo in un sistema planetario che presenta una stabilità a lungo termine. Ma questa non è una coincidenza”, dice Fred Rasio. “La stabilità delle orbite è un elemento essenziale per lo sviluppo della vita intelligente. Ecco perché ritengo che i pianeti che si stanno scoprendo in numero sempre crescente non possano ospitare forme di vita intelligente”.
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