Si fa sempre più lontana la possibilità di utilizzare la clonazione a scopi riproduttivi. È stato infatti individuato il fattore di trascrizione che, fra gli altri, sovrintende allo sviluppo delle cellule uovo dopo la fecondazione. La sua presenza testimonia la possibilità per l’ovocita di proseguire con successo le divisioni cellulari sino ad arrivare alla formazione del feto. E di distinguere quindi i cloni anomali da quelli normali. Ma – questa è la scoperta di Michele Boiani, ricercatore italiano all’Università della Pennsylvania – nei cloni è impossibile rintracciare la presenza dell’Oct4, il gene regolatore. Lo scienziato è riuscito a individuare il fattore di trascrizione all’interno delle cellule del cumulo che circondano gli ovociti e, grazie a una proteina fluorescente, ne ha potuto seguire tutte le fasi di sviluppo in un gruppo di embrioni clonati da una parte, e di embrioni di controllo dall’altra. Scoprendo così, come viene descritto in un articolo su Genes and Development, che la maggior parte dei cloni non riesce a sopravvivere oltre 5-6 giorni dallo sviluppo (non oltre lo stadio di blastocisti) e che in quelli sopravvissuti oltre questo limite il gene Oct4 viene espresso raramente. Al contrario, nel gruppo di controllo, il fattore di trascrizione è facilmente individuabile. Lo studio di Boiani dimostra quindi che allo stadio di blastocisti non è possibile giudicare lo stato di salute di un clone né si può decidere di trasferirlo nell’utero per portarne avanti lo sviluppo. (l.g.)
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