In gara per risolvere l’enigma della materia oscura

L’esistenza della materia oscura, quella “massa mancante” che gli astronomi cercano inutilmente ormai da decenni, è stato definito il più grande enigma dell’Universo. La materia osservabile non è infatti sufficiente per spiegare l’esistenza e il comportamento delle galassie, ed è quindi stata ipotizzata l’esistenza di una materia non osservabile, che rappresenterebbe la maggior parte della massa totale dell’Universo. Per cercare di comprenderne meglio la natura, l’Università di Edimburgo ha lanciato una competizione pubblica: premi di 3.000, 5.000 e 12.000 dollari a chi contribuirà alla risoluzione di questo enigma identificando e localizzando le strutture in cui si aggrega la materia oscura.

Questa deve il suo nome alla sua caratteristica di non assorbire, né emettere, luce. L’unico modo in cui è possibile avere informazioni su di essa è quindi attraverso gli effetti gravitazionali prodotti dalla sua massa. Gli scienziati di Edimburgo hanno raccolto le immagini di ammassi stellari catturate grazie al telescopio Hubble e sono ora alla ricerca di un metodo per formare con queste una nuova mappa della materia oscura, che dovrebbe aiutarli a comprendere meglio la sua natura. Per la competizione, i partecipanti dovranno riuscire a ideare un metodo matematico per individuare la presenza di strutture massive in cui si aggrega la materia oscura (Dark matter halo) – individuabili unicamente dalla distorsione che imprimono alla luce proveniente dalle galassie che fanno loro da sfondo – analizzando i dati acquisiti da Hubble.

“Incoraggiando migliaia di persone a concentrarsi su questo problema, avremo buone chance di fare progressi velocemente”, spiega David Harvey, astronomo dell’Università di Edimburgo. “Questa competizione può fare veramente la differenza, e aiutare a risolvere un enigma che impegna gli astronomi da decenni”. Il bando del concorso si può trovare su Kaggle. Per chi fosse interessato c’è tempo fino al 16 dicembre per sottoporre le proprie idee.

Riferimenti: Università di Edimburgo, Kaggle

Credits immagine: NASA, ESA, and Johan Richard (Caltech, USA)

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