In Italia è ancora routine

Una situazione preoccupante e in parte anche fuori legge. E’ quella fotografata da un rapporto della Lega anti-vivisezione (Lav), presentato il 6 maggio scorso alla Camera dei deputati, che fa luce sull’attuale condizione italiana in materia di vivisezione animale. Il documento comprende un elenco completo dei luoghi in cui viene eseguita, un elenco degli allevamenti specializzati e una classifica delle regioni più cruente. Lombardia in pole position, Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Sicilia a seguire. Gli stabilimenti autorizzati ad effettuare ricerche di base usando animali per testare sostanze chimiche, farmaci, pesticidi, cosmetici e quant’altro sono 551. In totale 900.000 le cavie uccise ogni anno. Esperimenti su cani, gatti, primati, specie in via d’estinzione o eseguiti senza anestesia rappresentano ben il 20 per cento delle sperimentazioni totali. Eppure una precisa regolamentazione (Decreto Legislativo 116/92) stabilisce che questi esperimenti “in deroga” dovrebbero essere autorizzati solo in casi eccezionali, di dimostrata necessità e in mancanza di alternative percorribili. L’indagine Lav, inoltre, denuncia che il 40 per cento degli animali è ucciso al solo scopo di allestire colture cellulari. Dal quadro globale emerge un Italia in cui si fa poco uso di metodi alternativi di sperimentazione, che invece dovrebbero essere sfruttati il più possibile per evitare il ricorso agli animali da laboratorio quando è ingiustificato, inutile e indiscriminato. (da.c.)

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