In Italia sempre più cemento e meno spiagge

Oltre 100 ettari di terreno al giorno. E’ questa la cifra del consumo di suolo in Italia, indicato come una dei fenomeni in costante crescita nell’ultima edizione dell’Annuario dei dati ambientali presentato oggi dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). Oltre all’avanzata del cemento il Paese deve fare i conti con altri problemi legati alla qualità dell’aria, alla tutela della biodiversità, alla gestione dei rifiuti, ai cambiamenti climatici. La fotografia presentata dal report è fatta di luci e ombre e delinea il quadro di un paese che, a fronte di qualche progresso, ha ancora un lungo cammino da fare in campo ambientale.

Il dato più allarmante riguarda il consumo di suolo e l’impermeabilizzazione, causati dell’espansione edilizia e di nuove infrastrutture. In alcune città il consumo di suolo arriva ad estendersi anche per più della metà del territorio comunale: supera il 60 per cento a Milano e Napoli, mentre a Roma la superficie impermeabile cresce oltre i300 ettari all’anno. Ancor più grave è l’avanzata del fenomeno nelle grandi aree di pianura, dove colpisce le aree agricole, naturali e semi naturali. Da qui la fragilità del nostro territorio, come dimostrano i numerosi eventi sismici e franosi. L’Ispra ha censito oltre 486 mila frane che interessano un’area di oltre 20.700 km2, pari al 6,9 per cento del territorio nazionale (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia). I comuni italiani interessati da frane sono 5.708, pari al 70,5 per cento del totale, con i principali eventi concentrati soprattutto in Liguria, Calabria e Sicilia.

Se si guarda alla qualità dell’aria, invece, i dati non sono tutti negativi. Biossido di zolfo, ossido di carbonio, benzene e piombo non costituiscono un problema, se non a livello locale e in specifiche circostanze mentre continua l’emergenza per PM10,,PM2,5 e ozono(O3). Nel caso del PM10, però, il 58 per cento delle stazioni di monitoraggio sul territorio (58 per cento) ha fatto registrare nel 2010 valori al di sotto dei limiti. Situazione diversa per l’ozono estivo (O3) per il quale nel 2011 nel 92 per cento delle stazioni è stato superato il limite per la protezione della salute umana (120 μg/m3).

Tra gli altri dati dell’Annuario, quello dell’erosione delle coste. Dal 2000 al 2007 sono andati persi 600 mila m2 di spiagge, il 37 per cento dei litorali ha subito variazioni dell’assetto delle linee di riva superiori a 10 metri e i tratti di costa in erosione (897 km) sono ancora superiori a quelli in progradazione (851 km). Non se la passa bene neanche la biodiversità: oltre il 50 per cento dei vertebrati (pesci d’acqua dolce, anfibi e rettili), il 15 per cento delle piante superiori e il 40 per cento di quelle inferiori rischiano di scomparire a causa del bracconaggio e della pesca illegale e degli effetti indiretti della trasformazione degli habitat, dell’uso di pesticidi, dell’inquinamento, della deforestazione e degli incendi.

Sul fronte cambiamenti climatici il 2010 è stato per l’Italia il diciannovesimo anno consecutivo con anomalia termica positiva e il suo valore è il diciottesimo della serie a partire dal 1961. Negli ultimi 14 anni i giorni estivi (con temperatura massima dell’aria maggiore di 25°C) e le notti tropicali (con temperatura minima maggiore di 20°C) sono stati sempre maggiori delle rispettive medie climatologiche. Confortante però il calo del 3,5 per cento delle emissioni di gas serra, passate da 519,25 milioni di tonnellate di CO2 equivalente del 1990 a 501,32 del 2010.

Nessun dato positivo nella produzione dei rifiuti urbani, che nel 2010 è aumentata attestandosi a 32,5 milioni di tonnellate (+1,15 per cento rispetto al 2009) e anche la produzione per abitante è cresciuta di circa 4 kg all’anno. Nel settore delleattività nucleari, la maggior parte dei trasporti di materie radioattive effettuati sul territorio nazionale concerne sorgenti utilizzate in campo industriale(il 6 per cento), il settore dei rifiuti (11,6 per cento) e soprattutto il campo della medicina nucleare e della ricerca (82 per cento). In termini di volumi, il Lazio è la regione con la maggior presenza sul territorio di rifiuti radioattivi, seguita da Piemonte, Emilia Romagna, Campania e Lombardia, mentre in termini di radioattività la regione più interessata è il Piemonte con il 72,3 per cento.

Credit immagine a Checiàp / Flickr

1 commento

  1. Basta solo andare in Liguria per vedere che spiagge libere non ce ne sono e quelle poche sono lasciate andare……..E’ una vergogna che i nostri governanti non si prendono cura del territorio in cui vivono!

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