Influenza 2.0

Da febbraio, la diffusione europea del virus dell’influenza si seguirà via Web. Le tracce saranno fornite direttamente dal popolo della Rete: chiunque si trovi in un paese dell’Unione e abbia accesso a internet potrà andare sul sito di riferimento e dire come si sente (nessun sintomo, mal di gola, qualche linea di febbre…). Grazie a Epiwork (Developing the framework for an epidemic forecast infrastructure) – un progetto finanziato dalla Commissione Europea, che mette insieme 12 partner internazionali e che sarà coordinato dal team di Alessandro Vespignani dell’Istituto per l’Interscambio Scientifico (Isi) di Torino – i dati saranno processati in tempo reale, dando vita così al primo monitoraggio dell’influenza su scala europea. Un’idea nata cinque anni fa in Olanda, che poi si è diffusa in Belgio, Portogallo e dallo scorso novembre anche in Italia, attraverso Influweb. Galileo ha intervistato Vittoria Colizza, tra i responsabili del progetto italiano ed europeo.

Dottoressa Colizza, perché chiedere i dati agli utenti, quando esistono già reti di sorveglianza che si basano sui rapporti dei medici?

“Perché si tratta di un metodo completamente diverso di controllare l’andamento delle epidemie virali e prevedere i picchi e le emergenze. Può essere molto più rapido e capillare di quello attuale, perché comprende anche quelle persone che, non essendo a rischio di complicazioni, non si rivolgono al medico. Può fornire, inoltre, tutta una serie di informazioni che di solito non vengono prese in considerazione. Tra i dati richiesti per il monitoraggio in Italia, per esempio, vi è il luogo di abitazione e di lavoro, così da includere nel modello di diffusione del virus anche il pendolarismo. Un dato che i medici non possono fornire, ma importante, perché le malattie virali dipendono dagli spostamenti delle persone. Tra i vantaggi del sistema c’è poi quello di essere estremamente flessibile: a seconda di ciò che si vuole osservare si possono richiedere dati diversi agli utenti. In Portogallo, per esempio, lo stanno utilizzando anche per i virus gastrointestinali. Altro punto a favore: l’elaborazione è immediata, si possono fare previsioni puntuali a breve termine, per allertare farmacie e ospedali e allocare le risorse disponibili nel miglior modo possibile. Con Influweb stiamo collaborando con il 118 di Milano per prevedere i picchi di telefonate”.

Ma non esiste un problema di campionamento? Non tutti quelli che hanno sindromi influenzali  partecipano al monitoraggio. E rischiano di restare fuori intere fasce della popolazione, a partire da chi non ha accesso al Web…

“Conosciamo i problemi insiti nel metodo di campionamento. Perché funzioni è fondamentale coinvolgere un numero elevato di utenti, di tutte le fasce di età, in modo da avere un campione davvero rappresentativo della popolazione, italiana in un caso ed europea nell’altro. Per quanto riguarda il nostro paese, al momento gli iscritti sono quasi 1.500, lontani dagli oltre 20.000 dell’analogo sistema olandese, dove è stato sperimentato per la prima volta. Lì il sistema si è dimostrato affidabile, tanto che è ora è finanziato dal governo e ha permesso di prevedere il picco di influenza con una settimana di anticipo. L’analisi statistica dei dati che stiamo raccogliendo servirà per limitare gli errori dell’indagine e stilare il profilo dell’utente, in modo da fare campagne mirate per quelle categorie che risulteranno meno rappresentate. Già ora è previsto che una persona possa inserire i dati di tutto il proprio nucleo familiare, in modo da includere bambini, anziani e chi non abbia dimestichezza con gli strumenti del Web. E si sta pensando anche a concorsi per le scuole”.

Perché creare un’unica complessa rete europea, invece di mettere insieme i dati raccolti dai singoli paesi?

“Ci possono essere forti discordanze nella raccolta dei dati sull’influenza, per esempio se la legge richiede o meno un certificato medico per assentarsi dal lavoro. Per questo le informazioni sull’andamento delle epidemie spesso non collimano. L’obiettivo è ottenere una sorveglianza epidemiologica che sia il più completa possibile, integrando i dati ricavati dalla Rete a quelli dei ministeri della salute, per superare questi bias”.

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