Influenza aviaria, il primo passo verso l’uomo

C’è una mutazione proteica alla base della pericolosità del virus dell’influenza aviaria per gli esseri umani. A sostenerlo è una ricerca pubblicata su Science in cui James Stevens dello Scripps Research Institute di La Jolla, California, e Jeffery Taubenberger dell’Armed Forces Institute of Pathology di Rockville mettono in luce alcuni meccanismi biomolecolari del virus H5N1.

Dopo aver isolato un ceppo virale da un ragazzo vietnamita ucciso dall’influenza nel 2004, i ricercatori hanno analizzato la struttura molecolare delle proteine di superficie del virus, in particolare dell’emoagglutinina (HA). È grazie ad essa che il virus si aggancia ai recettori delle cellule dell’organismo ospite che infetterà.

Per ora la struttura di questa proteina è tale da permettere l’ancoraggio dell’H5N1 alle sole cellule di volatili, e per questo il contagio sia da animale a uomo, sia da uomo a uomo è un evento molto raro. Ma potrebbe non essere sempre così. Lo studio, infatti, ha rilevato che l’emagglutinina del virus che ha ucciso il ragazzo vietnamita è molto più simile a quella del virus H1N1 che nel 1918 ha scatenato la pandemia di Spagnola rispetto alla struttura dei virus H5N1 studiati di recente in animali selvatici. Ciò vuol dire che una mutazione è avvenuta e ha permesso al virus di compiere il salto di specie. I ricercatori hanno ora iniziato a elaborare dei cloni del virus vietnamita per capire quali altre mutazioni renderebbero l’H5N1 capace di trasmettersi da uomo a uomo e di innescare una pandemia influenzale. (r.p.)

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