Influenza, come vanno presi gli antivirali

Mal d’ossa, tosse, mal di gola, febbre: l’influenza, lo sappiamo, è arrivata da un pezzo nelle case degli italiani, quest’anno anche più aggressiva del previsto. Infatti, era di soli pochi giorni fa l’invito del ministro della Salute a continuare a vaccinarsi, per scongiurare il rischio di finire al letto. Vaccino e piccole accortezze di igiene restano infatti le migliori armi di prevenzione contro l’influenza, mentre per combatterla gli antivirali prescritti del medico sono la soluzione più adatta nei casi più severi o a maggior rischio di complicazioni, avvertono gli esperti del Center for Disease Control (Cdc). Ma come e quando prenderli? Ne abbiamo parlato con Giorgio Palù, ordinario di Microbiologia e Virologia a Padova e presidente della Società Europea di Virologia.

“Oggi abbiamo a disposizione due classi di antivirali, gli inibitori della neuroaminidasi, come sono Oseltamivir e Zanamivir, e le amantadine“, racconta Palù: “Entrambe le tipologie vanno assunte non oltre le 48 ore dalla comparsa dei sintomi, tosse in particolar modo e possono ridurre fino a un paio di giorni l’infettività del virus. E, anche in questo caso, bisogna ricordare che leniscono solo in parte la comparsa dei sintomi”.  

La neuroaminidasi è l’enzima presente sull’envelope del virus (lo strato più esterno del virus) ed necessario per staccarsi dalla cellula ospite, durante la fase finale del ciclo replicativo. Il bersaglio delle amantadine invece è la proteina M2, una pompa protonica che serve per far entrare il virus nella cellule ospite.

Il profilo di sicurezza di questi farmaci è abbastanza buono, e sono consigliati per le fasce più a rischio, quali bambini, anziani, persone affette da patologie croniche e immunodepressi. Nei soggetti più deboli, infatti, l’influenza può essere molto pericolosa causando broncopolmonite, polmonite interstiziale, miosite, miocardite e pericardite.

Oltre che per cura, però, gli antivirali possono essere presi anche come profilassi: “Nei soggetti sensibili, nel caso di contatto con il virus, è possibile assumere gli antivirali a dosi ridotte per una decina di giorni come profilassi ed evitare così la comparsa dei sintomi”. In questo caso però Palù  sottolinea che: “Bisogna stare attenti perché l’assunzione prolungata può portare all’insorgenza di resistenze, così come potrebbe succedere anche nel caso in cui sia necessario prenderli più volte. Le amantadine per esempio selezionano virus resistenti molto facilmente, ed infatti prima venivano usate per profilassi nelle case di cura degli anziani ma ora sono state sospese. Anche gli inibitori della neuroaminidasi vanno assunti con cautela, ma hanno il vantaggio che difficilmente si è resistenti contemporaneamente a Zanamivir e Osteltamivir”.

Ma in futuro accanto agli inibitori delle neuroaminidasi e delle amantadine potrebbero arrivare altri antivirali: “Abbiamo dati interessanti di ricerca preclinica sugli inibitori delle polimerasi, che bloccano il virus nelle fase iniziali del suo ciclo replicativo e riescono ad agire non solo sui virus di tipo A, come gli altri antivirali oggi in commercio, ma anche su quelli di tipo B”.

L’esperto ricorda infine che nella lotta all’influenza però i farmaci di prima scelta devono sempre e comunque rimanere i vaccini: “I vaccini non solo curano ma prevengono dall’influenza con un efficacia che sfiora quasi il 90%”. Ma è un messaggio difficile da far passare, complice anche la crescita delle campagne antivaccini, come osserva Pelù: “Il calo delle vaccinazioni a cui assistiamo oggi è in parte frutto della cattiva informazione sì, in parte retorica, ma soprattutto dipende da una mancata formazione. Deve essere il medico di famiglia insieme al pediatra di libera scelta a parlare apertamente ai propri assistiti dei benefici e dell’importanza di vaccinarsi”.

Credits immagine: crumpart/Flickr CC

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