Ambiente

Quanto si muore per l’inquinamento che producono gli altri

La letteratura scientifica sul tema di salute e inquinamento è vastissima. Ma nessuno studio si era occupato, finora, di valutare l’impatto della cosiddetta globalizzazione delle emissioni, o anche inquinamento non locale, inteso come l’effetto del trasporto atmosferico degli inquinanti da una regione all’altra del mondo, cui contribuisce in gran parte il commercio internazionale: a far luce sul fenomeno arriva oggi un lavoro pubblicato su Nature da un’équipe di esperti della University of East Anglia che, per l’appunto, ha valutato la mortalità prematura collegata all’inquinamento da polveri sottili (PM2,5, le particelle di diametro inferiore a 2.5 micron) provenienti dal trasporto atmosferico e dalla produzione e consumo di beni e servizi in 13 regioni del mondo, per un totale di 228 nazioni. Gli autori dello studio si sono concentrati, principalmente, su problemi cardiaci, ictus, cancro ai polmoni e broncopneumopatie croniche ostruttive, stimando che su un totale di 3,45 milioni di morti premature dovute all’inquinamento da polveri sottili (nel 2007), almeno il 12%, ovvero circa 410mila, erano dovute a inquinanti emessi in una regione diversa; e il 22%, ovvero circa 760mila, erano associate a beni e servizi prodotti in una regione del mondo e consumati in un’altra.

Abbastanza prevedibilmente, a guidare la classifica è la Cina, le cui emissioni hanno prodotto un numero dei morti più che doppio rispetto a quello delle altre regioni. A seguire, l’India e il resto dell’Asia.

Tanto per citare qualche numero, le polveri sottili prodotte in Cina sono collegate a quasi 65mila morti premature in altre regioni del mondo, tra cui 3mila in Europa occidentale e negli Stai Uniti. Viceversa, i nostri consumi (Europa e Stati Uniti) sono collegati a circa 108mila morti in Cina – un dato naturalmente collegato all’enorme quantità dei beni che vi vengono prodotti e che poi noi importiamo: sostanzialmente, spiegano i ricercatori, il nostro risparmio nell’acquistare prodotti cinesi lo pagano gli stessi cinesi in termini di perdite di vite umane a causa dell’inquinamento.

“I risultati del nostro studio”, spiega Dabo Guan, autore del lavoro e docente di economia dei cambiamenti climatici alla School of International Development della University of East Anglia, “mostrano che gli impatti sanitari interregionali associati all’inquinamento da polveri sottili sono dovuti più all’effetto del commercio internazionale che al risultato di trasporto atmosferico degli inquinanti su lunghe distanze. La mortalità prematura legata all’inquinamento atmosferico è molto più che un problema locale: andrebbe affrontata, al contrario, come una questione globale”. Cosa fare, dunque? Gli autori suggeriscono di istituire politiche regionali per limitare le emissioni, per esempio tassando gli inquinanti e imponendo che tali tasse siano pagate sia dai produttori di beni che dai consumatori, anche se questi si trovano altrove. “L’implementazione, per esempio, di tali politiche in Cina, in India e altrove in Asia”, continuano gli scienziati, “avrebbe un effetto benefico estremamente ampio sia in queste regioni che nel resto del mondo. È un problema che interessa tutti, cui nessuno dovrebbe sottrarsi”.

Via: Wired.it

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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