Intestino e cervello, il microbioma influenza anche la memoria

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Che il microbioma intestinale, ossia la moltitudine di microrganismi che abitano il nostro intestino, siano fondamentali per la salute, anche quella mentale, non è una novità. Ma nessuno magari avrebbe scommesso sul fatto che questi microscopici inquilini giochino un ruolo importante anche nella memoria, e soprattutto nel modo in cui apprendiamo. Così almeno suggerisce un nuovo studio infatti, appena pubblicato sulle pagine di Nature dai ricercatori della Weill Cornell Medicine di New York, che ha dimostrato come l’eliminazione di queste comunità di batteri influisca sul comportamento, fornendo così nuovi e preziosi indizi sul misterioso legame tra intestino e cervello

Intestino e cervello, l’effetto degli antibiotici sulla memoria

Per capire in che modo il microbioma possa influenzare la memoria, il team di ricercatori ha per prima cosa sottoposto un gruppo di topi a un classico esperimento di Pavlov: dando dei leggeri shock sulle zampe dei topi associati a un suono, dopo un certo numero di volte questi animali al solo suono (senza quindi lo shock) rimanevano paralizzati dalla paura. Normalmente, tuttavia, gli animali possono dimenticarsi gradualmente dell’associazione suono-dolore, se lo sentono più volte senza ricevere uno shock sulle zampe, in un processo di apprendimento noto come estinzione, mediante il quale un comportamento che non viene rinforzato smette di prodursi.

Tuttavia, nello studio, i ricercatori hanno scoperto che una volta somministrati potenti antibiotici per eliminare la maggior parte dei batteri nell’intestino di un gruppo di topi, questi non erano più in grado di attuare il processo di estinzione. In altre parole hanno continuato a essere impauriti ogni volta che lo sentivano. Al contrario, invece, di quelli il cui microbioma era rimasto intatto e che hanno dimenticato l’associazione suono-dolore nel giro di tre giorni.

Apprendimento, memoria e disturbi neuropsichiatrici

Dalle analisi, i ricercatori hanno successivamente scoperto che i topi a cui erano stati somministrati gli antibiotici mostravano un pattern di espressione genetica nella corteccia prefrontale diverso da quella dei topi non trattati. La chiave, spiegano i ricercatori, potrebbe risiedere nei neuroni eccitatori, coinvolti nei processi di apprendimento e di memoria. Inoltre, il team ha anche identificato cambiamenti significativi nella quantità di quattro sostanze, note per essere associate a disturbi neuropsichiatrici, tra cui schizofrenia e autismo.

Il prossimo passo, quindi, sarà quello di capire in che modo queste quattro sostanze possano causare cambiamenti nel cervello dei topi. “C’è un grande interesse per le connessioni intestino-cervello” ha spiegato a Science Sven Pettersson, biologo del Karolinska Institute di Stoccolma. “Ma ancora troppi pochi studi su come funzionano. Lo studio sarà molto utile in un campo pieno di sovraeccitazione”.

Riferimenti: Nature

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