Iraq, minaccia minima

“Se io dovessi quantificare la minaccia rappresentata dall’Iraq in termini di armi di distruzione di massa, direi che essa equivale a zero”. Per William Scott Ritter, ex marine e convinto elettore repubblicano, gli arsenali iracheni sarebbero praticamente vuoti e l’Iraq non sarebbe più la terribile minaccia per l’Occidente di cui si parla tanto. In Iraq dapprima come agente dell’intelligence Usa, poi dal 1991 al 1998 come ispettore Onu per il disarmo, Ritter ha recentemente dichiarato che “fino alla chiusura delle ispezioni nel ’98 l’Iraq aveva eliminato il 90-95 per cento di tutti i suoi armamenti chimici, batteriologici e nucleari”. E alla vigilia dei nuovi attacchi ha deciso di raccontare nei particolari le condizioni in cui si svolsero le prime ispezioni. “L’Unscom (United Nations Special COMmission) ha cominciato le sue attività nel 1991 a seguito della risoluzione Onu 687 che chiedeva di disarmare l’Iraq”, ha spiegato Ritter in un incontro a Palazzo Marini a Roma tenutosi lo scorso 25 novembre. “L’Onu fu insospettita dalle dichiarazioni irachene, secondo le quali Baghdad possedeva un limitatissimo quantitativo di armi chimiche, biologiche, missili a lunga gittata e un potenziale nucleare definito “di pace”. Nel giugno del ’91 come ispettori Onu ci recammo in Iraq. E incominciammo a scoprire le prime bugie degli iracheni. Dovevamo accertare l’esistenza dell’intero arsenale iracheno e la sua effettiva consistenza”. Un compito non facile, a metà tra quello della spia e dell’esperto d’armi e strategia. Con una strada piena di ostacoli. “Nelle nostre perlustrazioni eravamo sempre scortati da alcuni accompagnatori-interpreti forniti dalle autorità locali”, prosegue l’ex marine. “In realtà si trattava di agenti iracheni che controllavano ogni nostra azione. In questo clima si svolgono le ispezioni: oltre che alle menzogne e ai depistaggi degli iracheni, gli ispettori devono stare attenti anche ai loro stessi comportamenti”. A queste condizioni e per sette anni Ritter e i suoi colleghi indagarono sulle dimensioni del potenziale offensivo dell’Iraq, arrivando a valutare l’eliminazione del 90-95 per cento di tutte le armi prodotte o acquistate. Dimostrare la colpevolezza degli iracheni era un compito duro. Spesso le prove erano poche e frammentarie, e per risalirvi dai pochissimi indizi certi serviva un accurato lavoro di investigazione. “Sapevamo, per esempio, che gli iracheni si rifornivano presso alcune industrie tedesche. Seguimmo le tracce degli iracheni in Germania, collaborando anche col governo tedesco. Molte aziende locali ci dettero informazioni, spontaneamente o grazie all’aiuto della polizia. Una volta raccolto tutto il materiale documentale sugli acquisti (registri interni, lettere di vendita, documenti di credito ecc) tornammo in Iraq per fare interviste agli scienziati. Ci informammo di nuovo sui quantitativi acquistati di un dato pezzo, e poiché i dati non coincidevano, li interrogammo su che fine avessero fatto i pezzi mancanti”, spiega ancora l’ex ispettore. Insomma, incrociando le interviste ai diversi scienziati gli ispettori raccolsero lentamente ma inesorabilmente a uno a uno piccoli brandelli di verità tra contraddizioni e bugie. E scoprirono così i siti in cui si trovavano i pezzi restanti.Ma in quegli otto anni gli iracheni mentirono praticamente su tutto, comprese le armi chimiche. “Il Vx è un pericoloso agente di reazione nervino”, ha spiegato Ritter. “L’Iraq diceva di non averne mai prodotto. Quando individuammo il sito di produzione, visitammo un palazzo apparentemente vuoto. Gli iracheni continuavano a negare ogni responsabilità. Decidemmo di far bombardare quel palazzo e successivamente andammo tra le macerie alla ricerca di prove. C’erano numerosi documenti e un laboratorio in grado di produrre Vx. Poi interrogammo i responsabili. Ci risposero che erano stati prodotti al massimo 20 litri di Vx, ma i documenti ritrovati parlavano di 300 litri. Gli iracheni continuavano a minimizzare sostenendo che il Vx prodotto non era stato stabilizzato e che in breve tempo sarebbe stato privo di qualsiasi effetto. Era un’altra bugia. In un campo non lontano trovammo i contenitori dell’agente nervino svuotati e lavati col detersivo, ma ancora con delle tracce di Vx. Le analizzammo, scoprendo che si trattava di Vx stabilizzato, quindi pericoloso. In seguito trovammo delle apparecchiature per la produzione del Vx, e le facemmo saltare in aria”.Il 16 dicembre del 1998 il Presidente Clinton decise di bombardare nuovamente l’Iraq. Poco prima le Nazioni Unite avevano ritirato i loro ispettori. “Il nostro lavoro era quasi finito, ma la missione Unscom fu bruscamente interrotta: dovemmo piegarci a precise scelte. Anche gli ispettori attualmente in Iraq devono sottostare a logiche sempre più lontane da quelle delle Nazioni Unite”, afferma l’ex marine. Gli obiettivi di pace e sicurezza rispetto ai quali l’Onu invia gli ispettori non coincidono pienamente con gli intenti della risoluzione 1441, un documento a volte lontano anche dal diritto internazionale. Il fatto è che le stesse informazioni raccolte dagli ispettori dell’Onu per contribuire al disarmo verranno usate anche dal governo statunitense per raggiungere il suo obiettivo primario: l’eliminazione del governo di Saddam. “A mio parere, comunque” – conclude Ritter – “l’Iraq oggi non è quel pericoloso regime di cui tanti parlano. Anche se a quattro anni dalle ultime ispezioni è giusto che gli ispettori ritornino a verificare la situazione degli armamenti in possesso di Baghdad”. Parola di un ex ispettore.

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