Italia, patria della Zama

    Le maniglie di porte, finestre e delle auto, i pomelli dei cassetti, la cerniera di giubbotti e borse, la pulsantiera dell’ascensore, i portachiavi, la bigiotteria. E ancora: gli ingranaggi del tostapane, alcune parti dei forni a microonde e degli spremiagrumi, gli schiaccianoci, i cavatappi. E poi i giocattoli, come le automobiline e i soldatini. Sono infinite le occasioni che ogni giorno abbiamo di entrare in contatto con la Zama, un gruppo di leghe a elevato contenuto di zinco. Il nome non dirà niente ai più, eppure questa lega metallica, praticamente sconosciuta rispetto alle altre materie prime considerate ‘nobili’ – come alluminio e acciaio – è diffusissima, e l’Italia è la sua patria. Almeno in termini di trasformazione. Le nostre aziende sono infatti prime nel mondo per numero di piccole componenti realizzate con questo tipo di lega: 80 mila tonnellate all’anno, contro le 73 della Germania, le 24 della Francia, le 18 della Turchia.

    Le leghe di Zama, sviluppate per la prima volta nel 1929 dalla New Jersey Zinc Company, sono composte in gran parte da zinco, per il 4 per cento circa da alluminio e da una percentuale variabile di magnesio e rame. Le aziende italiane acquistano la lega dalle due principali aziende monopoliste, che si trovano in Belgio e Usa: “Le fonderie produttrici sono 81, 32 delle quali producono solo Zama e 49 anche alluminio”, spiega Paolo Ponzini, presidente di Assofond, la Federazione che riunisce le fonderie italiane. “Le imprese sono concentrate per lo più in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto e nettamente divise tra quelle che producono componenti tecnologiche e quelle impegnate nella realizzazione di micro parti per bigiotteria e oggettistica. Un settore che, peraltro, può ancora crescere”.

    Ma quali caratteristiche rendono questo metallo più conveniente rispetto alle altre materie? Si tratta prima di tutto di proprietà fisiche, ma poi anche economiche e ambientali. Le leghe in Zama sono rigide e resistenti, hanno un’elevata conducibilità termica ed elettrica, resistenza meccanica e durezza. L’unico limite è il rischio di invecchiamento, per questo dopo lo stampo queste leghe subiscono diverse operazioni di finitura, dalla cromatura alla doratura, all’elettroplaccatura, per proteggere la superficie e migliorarne l’estetica. “A livello di costi, la Zama oggi è più conveniente dell’alluminio e poco meno dell’acciaio: circa 1,2 euro al chilo contro i 2 dell’alluminio e l’euro scarso dell’acciaio, ma è fortemente dipendente dalle oscillazioni del costo delle materi prime e negli ultimi anni ha subito rialzi sino a oltre 4 euro al chilogrammo. Pesa tuttavia circa 2 volte e mezzo l’alluminio e quindi, a parità di volume, costa di più”, spiega Andrea Panvini, consulente del Centro Servizi Multisettoriale e Tecnologico di Brescia (CSMT). “Nonostante questo, rispetto a materiali concorrenti, è più resistente e il vantaggio principale sta nel bassissimo costo di trasformazione: gli stampi con cui vengono fatti i pezzi di Zama durano 10 volte di più degli stampi usati per l’alluminio perché fonde a temperature più basse. In più i pezzi possono essere prodotti con una tecnica chiamata pressocolata a camera calda, processo molto rapido ed economico che consente di produrne un gran numero in serie con costi limitati”.
    Il processo di fusione e solidificazione è quindi più veloce: la lega fonde a temperature più basse rispetto all’alluminio (circa 400°C), richiedendo quindi meno energia per raggiungere il punto di fusione, e si raffredda più rapidamente. Ciò la rende anche una lega ecologica. Non solo: il processo genera quantità insignificanti di scorie, i getti possono essere impiegati senza pericoli e al termine della loro vita i prodotti realizzati con tali materiali possono essere riciclati.

    Per tutti questi motivi la Zama è sempre più spesso preferita ad altri materiali in vari campi produttivi. “Agli inizi questa lega era utilizzata per fare madonnine, crocifissi, soldatini, quindi prodotti considerati di basso pregio, per questo era ed è considerata la Cenerentola del settore. Un giudizio duro a morire anche oggi che trova applicazione in prodotti più pregiati e che l’Italia eccelle nella finitura”, continua Panvini. “Eppure sono tanti i marchi italiani ed esteri che la utilizzano. Gran parte di quello che sembra ottone è in realtà Zama, per esempio le parti metalliche degli accessori moda delle grandi firme, come fibbie, borse, bottoni, occhiali, cinture. Per non parlare del campo tecnologico: la maggior parte delle microparti in zinco della Ibm vengono prodotte in Italia”. Negli ultimi anni, la facilità di lavorazione della Zama ha reso possibile il suo uso anche nell’industria del design. In questo campo, però, troppo spesso questa lega, sottoposta ai processi di laccatura o cromatura, non viene neanche citata nella descrizione degli oggetti a vantaggio di altri metalli, presenti solo in piccolissima parte. “Un atteggiamento che non rende giustizia alla grande specializzazione raggiunta in Italia nella sua lavorazione”, conclude Panvini.

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