Fin dal Seicento gli artigiani giapponesi hanno realizzato bambole in grado di servire il tè, di danzare, di giocare. Veri e propri gioielli di ingegneria meccanica, attivati da molle, mercurio e sabbia in movimento, o da pompe ad acqua. Karakuri – questo il nome delle bambole – significa infatti “dispositivo meccanico per prendere in giro, ingannare, o cogliere una persona di sorpresa”, e la loro naturale evoluzione è il robot. Nel Settecento le Karakuri intrattenevano le persone nei parchi o durante le fiere, venivano usate dai mercanti di tè per porgere le ciotole ai clienti o si esibivano in performance teatrali.
Una ventina di bambole Karakuri sono in mostra, per la prima volta in Italia, al Palazzo Barolo di Torino fino al 18 dicembre 2011. Alla mostra “Bambole dal Giappone. Atto Secondo” sono collegate alcune iniziative che si svolgeranno nei prossimi giorni in occasione della prima Settimana Robotica Europea. Domenica 4 dicembre, per esempio, presso il Salone d’Onore si terrà la conferenza “Robot: buoni e cattivi?”, che vedrà tra i relatori Fiorella Operto della Scuola di Robotica di Genova,