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Ketamina, dove nasce l’effetto antidepressivo

Se parliamo di ketamina forse la prima associazione che viene alla mente è quella con il suo effetto anestetico, eppure non è il solo che ha questa sostanza, ancora in parte “misteriosa”. Non è ancora chiaro infatti quale sia il meccanismo che le conferisce l’importante ruolo di antidepressivo. A indagarlo è oggi uno studio dell’Università del Michigan e della Yale University School of Medicine, pubblicato su Pnas, che ha cercato di individuare quali fossero le regioni del cervello coinvolte nei meccanismi molecolari alla base del ruolo antidepressivo di questa sostanza.

La ketamina è un farmaco utilizzato come anestetico per uso sia umano che veterinario, ed è considerata come una core medicine, cioè una sostanza che rientra nella Essential Drugs List, una lista che elenca i farmaci assolutamente indispensabili da avere in ogni un ospedale. Oggi in Italia la molecola è commercializzata ormai da numerose società farmaceutiche, ma le preoccupazioni sono dietro l’angolo: se assunta in dosi sub anestetiche, questa sostanza causa forti dissociazioni psichiche, trovando così un gran numero di adepti che la assumono come vera e propria sostanza stupefacente. Inoltre ha anche dimostrato, in alcuni studi recenti, che può indurre un rapido miglioramento del tono dell’umore nei pazienti affetti da depressione, non responsivi alla terapia farmacologica standard: in soggetti depressi infatti produce un rapido effetto, agendo nel giro di un paio d’ore (contro i comuni antidepressivi che impiegano invece settimane).

Attualmente la ketamina non rientra tra le sostanze che necessitano di uno strettissimo controllo internazionale da parte delle autorità antidroga. Lo scorso marzo, però, la Cina ha deciso di posticipare la propria richiesta di includere l’anestetico, ritenuto indispensabile dall’Oms nei Paesi in via di sviluppo, nella lista nera della Commissione Onu sulle droghe. La richiesta da parte della Cina, era stata dettata dal fatto che la sostanza, chiamata anche special K, è diventata una popolare droga simile all’ecstasy o al crystal meth. L’Italia, insieme a molti altri Paesi UE, ha approvato la decisione cinese di rinviare il voto, sottolineando la necessità di usare questo rinvio per approfondire la valutazione delle implicazioni dell’eventuale inserimento della ketamina nella Convenzione Onu del 1971. Il rinvio consentirà di acquisire maggiori informazioni, oltre che valutazioni aggiornate da parte dell’Oms e di tutti i Paesi più direttamente interessati dalla minore disponibilità di ketamina causata dall’eventuale controllo internazionale, in particolare in Africa.

In questa direzione va anche lo studio pubblicato su Pnas, che indaga i meccanismi neurali della ketamina che la fanno diventare un miracoloso antidepressivo. Infatti, anche se alcuni studi sui roditori hanno cominciato a chiarire i meccanismi molecolari alla base del comportamento della ketamina (vedi Galileo: Il segreto della ketamina), non sono state ancora definite le regioni del cervello e i processi cellulari coinvolti. La ricerca del team statunitense ha dimostrato che la molecola può agire stimolando una regione della corteccia prefrontale del cervello (PFC).

Per determinare il ruolo antidepressivo della ketamina nella corteccia prefrontale infralimbica (IL-PFC), Ronald S. Duman dell’Università di Yale e i suoi colleghi hanno osservato gli effetti della sostanza nel cervello di alcuni ratti. I risultati hanno evidenziato che l’inattivazione neuronale della regione IL-PFC aveva bloccato gli effetti della ketamina sistemica, e che l’iniezione della sostanza direttamente in IL-PFC riproduceva gli effetti comportamentali della sostanza.

Inoltre gli esperti hanno scoperto che la stimolazione optogenetica dei neuroni  – un metodo per controllare geneticamente le cellule con la luce – produceva rapidi e duraturi effetti antidepressivi, collegati a un aumento del numero di sinapsi spinali dei neuroni in risposta alla stimolazione.

Questi risultati, chiariscono ulteriormente i meccanismi alla base delle azioni terapeutiche della ketamina, e dimostrano che l’infusione della sostanza e la stimolazione optogenetica in IL-PFC sono sufficienti a produrre risposte antidepressive durature simili agli effetti della somministrazione di ketamina sistemica. Questo, secondo gli autori, suggerisce che ulteriori studi della regione prefrontale potranno portare allo sviluppo di ulteriori trattamenti antidepressivi rapidi e a lungo termine.

Riferimenti: Pnas doi: 10.1073/pnas.1414728112

Credits immagine: Rebecca Lai/Flickr CC

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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