La sopravvivenza di un mammifero terrestre su quattro è a rischio, e negli oceani il numero sale a uno su tre. Queste le conclusioni di un articolo pubblicato su Science, che ha esaminato lo stato di 5.487 specie animali, grazie alla collaborazione di un gruppo internazionale di 1.700 scienziati distribuiti in 130 diversi paesi. Secondo gli autori, i pericoli sulla terraferma provengono dalla perdita dell’habitat e dalla caccia, mentre l’inquinamento e gli effetti indiretti della pesca sono i maggiori responsabili della perdita di biodiversità dei mari. Alla ricerca ha partecipato anche l’Italia, con il dipartimento di Biologia umana e animale dell’Università Sapienza, l’Istituto per lo Studio degli ecosistemi del Cnr e l’Istituto di Ecologia applicata di Roma.
La valutazione precedente dello stato dei mammiferi a livello mondiale, eseguita dall’International Union for the Conservation of Nature, risaliva al 1996. L’attuale analisi fa un passo avanti e include nel novero i mammiferi marini e alcune specie che non erano ancora state considerate. Ma, secondo i ricercatori, la nostra conoscenza in questo ambito continua a essere lacunosa, perché nuove specie vengono scoperte ogni anno.
L’indagine ha registrato informazioni dettagliate su distribuzione, habitat, ecologia, minacce, sfruttamento umano, numero di individui, tendenze delle popolazioni e conservazione. I risultati non sono incoraggianti: il 25 per cento dei mammiferi è a rischio di estinzione. Gli animali marini risultano maggiormente in pericolo, soprattutto a causa della morte accidentale, dell’inquinamento e del fatto che si trovano distribuiti in modo non omogeneo negli oceani. I mari del Nord, infatti, sono più popolati rispetto alle regioni del Sud Est asiatico. Proprio quest’ultima regione presenta una situazione particolarmente critica sia per i mammiferi terrestri sia per quelli marini. Qui, per esempio, circa il 79 per cento dei primati rischia di scomparire. (a.g.)
