La fisica di Star Trek per viaggi superveloci

neutrini non ci sono riusciti. Ma l’essere umano, con tutti i forse e i condizionali del caso, un giorno potrebbe farcela. Almeno è quello che spera Harold White, fisico e ingegnere di propulsione avanzata della Nasa, che – novello capitano Kirk – sta lavorando con la sua équipe al Johnson Space Center al seme di una nuova tecnologia che in un futuro remoto potrebbe rendere possibile viaggiare nello spazio più velocemente della luce. Sembra fantascienza pura. E forse lo è. Ma, secondo White, centrare un folle obiettivo del genere potrebbe essere possibile ispirandosi alla natura: “Lo Spazio è in espansione sin dai tempi del Big Bang, 13,7 miliardi di anni fa”, dice. “E, secondo alcuni modelli cosmologici, ci sono stati periodi nelle prime fasi di vita dell’universo caratterizzati dalla cosiddetta inflazione esplosiva: tutti i punti nello spazio si allontanavano l’uno dall’altro a velocità elevatissime. La natura ci è riuscita. La domanda è: l’uomo ce la farà mai?”. 

Per ora, in realtà, gli scopi di White e colleghi sono un po’ meno ambiziosi. La sua équipe ha progettato un setup sperimentale per cercare di deviare la traiettoria di un fotone, modificando la distanza che percorre entro una certa regione di spazio e studiando all’ interferometro quello che succede. La loro attrezzatura è così sensibile da rivelare anche le vibrazioni del terreno causate dalle persone che camminano nei dintorni del laboratorio, che è stato reso galleggiante per garantire un isolamento migliore mediante un sistema di pontili pneumatici sotterranei

White, naturalmente, non si è dimenticato della relatività speciale di Albert Einstein, secondo la quale “niente può viaggiare più velocemente della luce”. Non intende confutare la legge. Cerca solo di aggirarla. E, tra l’altro, non è neanche il primo a volerlo fare. Ci aveva già provato un fisico messicano, Miguel Alcubierre, che nel 1994 aveva teorizzato la possibilità di raggiungere velocità superluminali senza oltraggiare la memoria del genio di Ülm. 

La teoria di Algubierre, naturalmente, non è di semplicissima lettura per chi non abbia solide conoscenze nel campo della fisica delle alte energie. Lungi dal voler scendere nei dettagli tecnici, diremo che ha a che fare con l’espansione e la contrazione dello spazio. Secondo l’ipotesi dello scenziato, sebbene una navicella spaziale non possa superare la velocità della luce localmente, un sistema alternativo di propulsione (che, tra l’altro, lo scienziato ha disegnato) potrebbe riuscire a manipolare lo spazio-tempo generando quella che Alcubierre chiama bolla di curvatura. Ovvero, l’espansione dello spazio da una parte della navicella e la contrazione di esso dalla parte opposta: “In questo modo, la navicella spaziale sarebbe spinta lontano dalla Terra e tirata verso una stella lontana dallo stesso spazio-tempo”, scriveva lo scienziato. “Un po’ come salire sul tapis-roulant in aeroporto”, spiega White. 

Ripetiamo: sembra pura fantascienza. Roba da Star Trek. Eppure, almeno dal punto di vista teorico, le teorie di Alcubierre sembrano essere coerenti. Naturalmente, tutt’altra cosa è portarle nel mondo reale. Lo stesso scienziato ammette che ci sarebbero degli ostacoli insormontabili, tra cui la necessità di grandi quantità di un certo dipo di materia esotica, ancora poco studiata e osservata ancora meno, che sembra violare alcune leggi fisiche. 

È all’interno di questo scenario già così nebuloso che si inserisce il lavoro di White. Il fisico ha riprogettato il motore che dovrebbe viaggiare nella curvatura – e in particolare uno strumento a forma di anello che dovrebbe essere il componente principale dell’intero sistema di propulsione: il nuovo designdovrebbe ridurre di gran lunga i requisiti energetici necessari per l’ accensione. In ogni caso, sottolinea White, si tratta ancora di un semplice progetto di ricerca per provare che sia possibilecostruire in laboratorio una bolla di curvatura microscopica: “Non stiamo avvitando i bulloni di nessuna astronave”, dice. Un po’ come avvenne con gli esperimenti iniziali del progetto Manhattan, che erano mirati a riprodurre in laboratorio una piccola reazione nucleare. Solo per dimostrare che era possibile farlo. Per ora, il progetto di White è etichettato più o meno da tutti come “una follia”. Proviamo a risentirci tra un centinaio d’anni.

Via: Wired.it
Credits immagine: Trekky0623 via Wikipedia 

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