Dopo gli strali lanciati un anno fa dal premio Nobel Randy Schekman, anche l’uomo più ricco del mondo si schiera contro i big dell’editoria scientifica. La Bill & Melinda Gates Foundation ha infatti annunciato lo scorso 20 Novembre la sua nuova politica a favore degli open data, scoraggiando di fatto la pubblicazione delle ricerche finanziate dalla fondazione su riviste a pagamento, come le blasonate Science e Nature.
“Crediamo che la ricerca pubblicata come risultato dei nostri finanziamenti dovrebbe essere prontamente e largamente diffusa”, si legge sul sito internet della Fondazione. Da gennaio 2015 i ricercatori che fanno capo alla Gates Foundation dovranno rendere pubblici i risultati dei loro studi utilizzando una licenza open access, ovvero garantendo che il loro lavoro possa essere riutilizzato senza particolari restrizioni anche a scopi commerciali, con un formato chiamato CC-BY (Creative Commons Attribution 4.0 Generic License) non offerto da molte riviste. Basterà solo segnalare l’autore originale del lavoro. L’obbligo scatterà comunque dal 2017: prima di allora sarà tollerato un periodo massimo di 12 mesi tra la pubblicazione su riviste a pagamento e quella open. La Fondazione si impegna inoltre a pagare di tasca propria gli editori per permettere la diffusione gratuita delle ricerche. Tale politica è simile a quella di altre associazioni, come Wellcome Trust e il National Institute of Health americano, che però non impongono una licenza CC-BY per le pubblicazioni su riviste a pagamento.
“È un importante cambiamento”, commenta su Nature Peter Suber, direttore dell’Ufficio per la Comunicazione Accademica dell’Università di Harvard. “Sarebbe importante se gli editori che non hanno mai usato licenze CC-BY iniziassero a usarle, anche solo per i soli autori finanziati dalla Gates Foundation. Sarebbe importante se gli editori che non hanno mai permesso un immediato accesso gratuito iniziassero a garantirlo, sempre solo per quegli autori. E di certo sarebbe importante se alcuni editori rifiutassero di pubblicare autori finanziati da Gates”. È più probabile comunque, fa notare Suber, che la mossa della Gates Foundation dia inizio a un negoziato, con le riviste che potrebbero decidere di fornire canali per la distribuzione open access. Resta da vedere cosa ne pensano gli autori che, come ricorda Nature, non vedono di buon occhio la possibilità che il loro lavoro possa essere sfruttato commercialmente.
Riferimenti: Nature, Bill & Melinda Gates Foundation
Credits immagine: biblioteekje/Flickr CC
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