La fotocamera da un gigapixel

    Dimenticatevi i megapixel: arriva la macchina fotografica che cattura immagini da un gigapixel (mille megapixel). L’hanno realizzata gli ingegneri della Duke University in collaborazione con i colleghi della University of Arizona, grazie anche al contributo dell’Agenzia statunitense della difesa, la Darpa. Il dispositivo è stato presentato sulle pagine di Nature

    La macchina realizzata dagli scienziati si chiama Aware-2, e anche se non è esattamente quel che si definirebbe una compatta (misura 75 x 75 x 50 centimetri) i ricercatori promettono che nell’arco di cinque anni le dimensioni potranno essere ridotte fino a realizzare un apparecchio portatile paragonabile a quelli oggi in commercio. La macchina, spiegano gli esperti è potenzialmente in grado di catturare istantanee fino a 50 gigapixel di risoluzione, e promette così di rivoluzionare il mondo della fotografia nei prossimi anni.

    L’elevata risoluzione – pari circa a cinque volte quella della visione umana in 20/20 su un campo orizzontale di 120 gradi – è ottenuta grazie all’azione combinata di 98 diverse microfotocamere (ognuna con un sensore da 14 megapixel), come spiega David Brady della Duke University, a capo dello studio: “Ciascuna delle microfotocamere cattura informazioni da una specifica area del campo visivo. Un processore quindi mette essenzialmente insieme tutte queste informazioni in una singola immagine altamente dettagliata. In molti casi, la fotocamera riesce a catturare immagini di cose che i fotografi non possono vedere ma che possono poi essere viste in seguito”. 

    Come in un’immagine scattata dai ricercatori in una riserva naturale: l’analisi successiva ha permesso di mettere a fuoco, distintamente, cose invisibili all’occhio, come gruppi di cigni in volo. 

    Solo il 3 per cento della fotocamera conta elementi ottici, il resto lo fanno l’elettronica e i processori necessari per assemblare tutte le informazioni (è il raffreddamento di tutte le diverse componenti a limitare, per ora, le dimensioni della fotocamera). Come spiega Michael Gehm dell’Arizona University, infatti, la strategia utilizzata per costruire la telecamera non è stata quella di aumentare il sistema di ottiche, quanto piuttosto quello di metter insieme un complesso array di elementi elettronici paralleli: “Una lente obiettivo condivisa raccoglie la luce e la indirizza verso le microfotocamere che la circondano, proprio come una rete di computer distribuisce ‘pezzi’ alle postazioni di lavoro individuali. Ognuna riceve una visione diversa e lavora sulla sua piccola parte del problema. Abbiamo quindi fatto in modo che ci fosse qualche sovrapposizione in modo da non perdere nulla”, ha concluso lo scienziato.

    via wired.it

    Credit immagine a Duke University Imaging and Spectroscopy Program

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