Internet per comunicare. Per informarsi, fare informazione, curiosare, scrivere lettere e mandare documenti. Internet per vendere, comprare, controllare il conto in banca. Ma anche per commerciare articoli illegali, introdursi in banche dati riservate, rubare segreti di Stato.
La rete è già potenzialmente tutto questo, ma il suo sviluppo futuro dipende da quanto la tecnologia informatica e la legge sapranno andare d’accordo. L’obiettivo è conservare lo spirito di libertà e di immediatezza, che ha caratterizzato la Rete Mondiale fin dalla nascita, senza trasformare il Web in un territorio di nessuno, dove si possono trasgredire tutte le regole, diventare ladri, contrabbandieri, truffatori.
A monte di tutto questo, i legislatori e gli esperti informatici sono chiamati a soddisfare una necessità primaria, indispensabile per qualsiasi sviluppo futuro della rete: garantire la tutela della privacy, la sicurezza nell’invio di notizie riservate, il rispetto delle norme a garanzia del diritto d’autore.
Ovviamente, i software più progrediti insieme ai più raffinati strumenti matematici – come quelli utilizzati nella crittografia per l’invio di materiale top-secret – non possono da soli garantire l’affidabilità e la legalità delle operazioni effettuate attraverso mezzo telematico. Occorrono nuove leggi e nuove norme, efficaci su scala internazionale, che prendano atto di una realtà non più circoscritta a una cerchia ristretta di appassionati. Un esempio in tal senso è rappresentato dai giornali on line, che solo di recente hanno avuto un riconoscimento ufficiale da parte delle istituzioni.
Ma nel grande mare della rete c’è chi la legge la vuole tenere lontana: sono gli anarchici del Web, gli hacker, un po’ pirati e un po’ idealisti. Sulla piazza di Internet, fanno professione e pratica di anarchismo, a volte a spese, non solo metaforiche, di floride aziende. Il tutto, dichiaratamente, in nome della libertà e non per tornaconto personale.
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