Categorie: Vita

La macchina di Darwin

La teoria evoluzionistica di Darwin diventa un sistema automatizzato. Almeno nell’esperimento di Brian Paegel e Gerald Joyce del Scripps Research Institute, in California. Come riportato in un articolo pubblicato su Plos Biology, i due ricercatori hanno creato una “macchina” controllata da computer in cui gli enzimi a Rna (dei catalizzatori biologici, ovvero proteine che accelerano le reazioni) evolvono naturalmente, senza l’intervento umano. Il sistema infatti, una volta innescato, progredisce autonomamente: le mutazioni casuali e la pressione selettiva (rappresentata dai reagenti utilizzati come substrato e da altri enzimi presenti) agiscono come in natura, e alla fine il catalizzatore più adatto all’ambiente risulta essere anche il più numeroso.

Quando in una popolazione si presenta – casualmente – una variazione trasmissibile alla prole (quindi genetica) che conferisce un vantaggio agli individui che ne sono portatori, allora si ha evoluzione: questi individui hanno infatti più probabilità di riprodursi e, col passare delle generazioni, la maggior parte della popolazione presenterà quella mutazione che si dimostra vincente per quel determinato ambiente e in quel particolare momento.

Nella macchina di Paegel e Joyce avviene lo stessa cosa: il sistema parte da un gruppo di enzimi a Rna tra loro molto simili. Quelli che fanno reagire le sostanze presenti con maggior successo hanno “in premio” la possibilità di “riprodursi”, grazie a un promoter biologico che si lega agli enzimi stessi. Altre proteine presenti nella macchina, infatti, hanno il compito di riconoscere gli enzimi con il promoter e di indurli a replicarsi, in maniera tale che gli enzimi ad Rna più adatti per il substrato diventino sempre più numerosi.

Sia il substrato reagente che i promoter, però, diminuiscono a ogni generazione e, in perfetto accordo con la teoria selettiva, la macchina finisce per generare l'”enzima migliore”, che lavora più velocemente e con concentrazioni di substrato più basse degli enzimi di partenza. Nell’esperimento riportato l’enzima finale ha subito 11 mutazioni che lo hanno fatto diventare 90 volte più efficiente del suo progenitore.

La capacità di far fronte alla scarsità del substrato sarà un elemento comune a tutti gli enzimi ad Rna evoluti in ciascun esperimento condotto dalla macchina, ma le mutazioni che conferiranno questa capacità saranno casuali e non potranno essere predette. (c.c.)

Admin

Articoli recenti

Il talco può aumentare il rischio di tumore?

Il colosso farmaceutico Johnson & Johnson pagherà 6,5 miliardi di dollari per chiudere le cause…

3 giorni fa

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

6 giorni fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

1 settimana fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

2 settimane fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

2 settimane fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più