La mamma la voglio socievole

Saper coltivare i rapporti sociali: ecco quel che fa di una babuina una buona madre. Profondi e durevoli legami all’interno del proprio gruppo familiare e con i membri degli altri gruppi aumentano infatti le possibilità di sopravvivenza dei cuccioli. Non a caso, tra i primati è consuetudine investire la maggior parte della giornata in attività, come per esempio il grooming (ovvero lo “spulciarsi” a vicenda) che rinsaldano e cementano questi legami. E vista le affinità tra noi e i primati, mutatis mutandi, la cosa potrebbe estendersi agli umani. E’ questa l’idea di tre primatologhe autrici di uno studio pubblicato di recente su Science che ha rivelato nuovi interessanti particolari sulla vita dei babbuini (Papio cynocephalus). Per 16 anni Joan Silk dell’University of California (Los Angeles), Susan Alberts della Duke University (Durham) e Jeanne Altmann della Princeton University (Princeton), hanno osservato una popolazione di babbuini di Amboseli, in Kenya. Confrontando i dati relativi al comportamento sociale delle 108 femmine del gruppo con quelli delle nascite e delle morti dei piccoli, le tre studiose hanno concluso che il comportamento amichevole e l’integrazione sociale delle madri hanno effetti positivi sulla performance riproduttiva. Effetti che sono indipendenti sia dal rango sociale di appartenenza che dalle condizioni ecologiche e ambientali che influenzano il comportamento e la condizione fisica delle femmine stesse. “Finalmente queste studiose stanno raccogliendo i frutti del loro lavoro”, commenta Elisabetta Visalberghi, primatologa dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Cnr. “La Altmann”, continua la studiosa, “è una pioniera della primatologia, pensate che ha iniziato a studiare queste scimmie di Amboseli in Kenya negli anni Settanta. Ed è solo adesso, dopo aver accumulato centinaia di migliaia di ore di osservazione del comportamento delle femmine che Silk, Alberts e Altmann riescono a rispondere a domande che hanno da sempre incuriosito noi primatologi”. Finalmente si sa, dati alla mano, che i piccoli babbuini hanno significativamente più probabilità di sopravvivenza quando le loro mamme hanno buoni e intensi rapporti con gli altri membri del gruppo. E ciò non perché sono dominanti o perché il cibo è abbondante, ma grazie alla loro maggiore integrazione sociale. Visto che i primati condividono con l’essere umano gran parte del loro patrimonio genetico, viene da chiedersi se queste recenti scoperte possano essere estese o avere comunque degli elementi di condivisione con la specie umana. “Non solo lo penso”, risponde la Visalberghi, “ma gli autori stessi di questo interessantissimo studio suggeriscono questa possibilità e citano una serie di studi in campo umano in cui si vede l’influenza positiva delle relazioni sociali della madre sul benessere del bambino”. D’altra parte, è ovvio che tutto ciò che può far star bene una mamma è anche in grado di dare al figlio un maggior stato di benessere. “Pensiamo per esempio a una mamma ansiosa e stressata: se ha un giro di amici che la aiutano e che la ‘contengono’ tutto diventa più facile”.Lo studio, dunque, apre la strada a una vasta gamma di riflessioni sulla specie umana e sui suoi comportamenti. “C’è molto da riflettere”, conclude la Visalberghi, “e anche se non si devono fare facili paragoni, viene immediato chiedersi quanto nella nostra cultura si stia attenti a cose di questo genere. Quanto spesso mamme borderline vengono abbandonate a se stesse piuttosto che integrate in un contesto sociale che possa star loro intorno in maniera discreta e protettiva?”.

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