La medicina prossima ventura

Prevenire le malattie e promuovere la salute; alleviare il dolore e la sofferenza; garantire cura e assistenza ai malati gravi e terminali; evitare le morti premature – prima cioè che un individuo abbia avuto la possibilità di realizzare compiutamente se stesso – e favorire una morte serena. Questi sono obiettivi imprescindibili per la medicina moderna. Obiettivi che superano le barriere delle differenze sociali, culturali, sanitarie ed economiche tra i vari paesi del mondo. Ed è quanto indica il rapporto conclusivo di un programma internazionale, “The Goals of Medicine: Priorities for the Future”, che dal 19 al 21 giugno verrà presentanto a Napoli, presso il Palazzo Serra di Cassano (la traduzione italiana dello studio è in via di pubblicazione sul trimestrale Politeia).

Ciò che sarà discusso durante la conferenza partenopea, organizzata dallo Hastings Center di New York, uno dei maggiori centri di riferimento mondiali per la bioetica, e dall’Istituto italiano per gli studi filosofici, è il frutto di un massiccio lavoro cominciato quattro anni fa. Vi hanno partecipato centinaia di studiosi, tra medici, infermieri, filosofi, giuristi, storici della medicina, di tredici paesi: Cile, Cina, Repubblica Ceca, Danimarca, Indonesia, Olanda, Repubblica Slovacca, Spagna, Svezia, Regno Unito, Stati Uniti e Italia.

Al di là del dissenso su specifici punti, per gli studiosi coinvolti nel progetto era importante trovare una via comune, addirittura universale, per la medicina del terzo millennio. Strada obbligata per una scienza medica in “crisi”, e non per i suoi fallimenti, ma, paradossalmente, per i suoi successi: la diffusione delle malattie croniche, per esempio, è il costo indiretto che paghiamo alla capacità della medicina moderna di tenere in vita persone che in passato sarebbero morte.

Così i nuovi problemi si sovrappongono ai vecchi, innanzitutto quello della diffusione delle malattie infettive, per molte delle quali, come la malaria e la tubercolosi, si registra uno sgradito ritorno. Una recrudescenza dovuta, anche, alla resistenza che molti ceppi batterici hanno sviluppato nei confronti della terapia farmacologica e di uno dei più importanti prodotti della ricerca moderna: gli antibiotici. Oggi noi possiamo diagnosticare anomalie genetiche del feto, trapiantare organi, controllare la riproduzione, prolungare la vita dei malati gravi. Risultati inimmaginabili all’inizio del nostro secolo.

Parallelamente, il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie e dell’alimentazione hanno contribuito all’accrescimento demografico, alla riduzione della mortalità infantile – praticamente scomparsa nel mondo occidentale – e all’invecchiamento della popolazione, che ora comincia a riguardare anche i paesi più poveri, come sottolinea la Banca Mondiale, seppure in misura minore rispetto a quelli industrializzati. Si sono dunque aperte nuove questioni. Fino a che punto è lecito prolungare la vita umana? Cosa sono oggi la salute, la malattia e la morte? Curare la sterilità significa debellare una “malattia” oppure sostenere la nuova tendenza alla “medicina del desiderio”? Il progresso delle tecnologie biomediche porterà a trattamenti sempre più costosi, riservati ai ricchi o alle malattie che colpiscono meno persone?

Queste sono soltanto alcune delle domande su cui gli esperti hanno riflettuto e discuteranno nei prossimi giorni, anche alla luce delle attuali difficoltà sul fronte del finanziamento e dell’assistenza sanitaria. I soldi sono pochi ovunque, i costi della sanità aumentano, mentre la domanda di salute e benessere cresce e il modello occidentale si diffonde anche nel Sud del mondo. Allora, come e dove allocare le risorse? In che modo garantire una distribuzione equa e solidale? “Sorprendentemente, nella maggior parte dei paesi la discussione sulla riforma dell’assistenza sanitaria ignora gli scopi della medicina, assumendo che essi siano chiari per tutti e che si tratti semplicemente di perseguirli”, dice Daniel Callahan, responsabile del progetto dello Hastings Center.

La situazione, invece, è ben più complessa. Oggi la medicina non è più solo un mezzo per la cura delle malattie e delle infermità, come voleva la tradizione, è anche un mezzo per espandere le possibilità e le scelte umane. “In molti casi, per esempio, sul terreno del controllo volontario del numero dei figli, questo fatto ha comportato benefici evidenti”, recita il rapporto. “Ma il nuovo punto di vista amplia anche il concetto di medicina e del suo ambito di competenza, e questa tendenza, se spinta troppo in là, tende a trasformare la medicina stessa in una pura e semplice collezione di fatti e di tecniche neutrali, da usare a piacimento, senza riconoscere altri vincoli che quelli economici”.

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