La parola al silicio

    “Ho paura… ho paura David… David… la mia mente se ne va… lo sento… la mia mente svanisce… non c’è alcun dubbio… lo sento… lo sento… lo sento… lo sento… ho paura…”. E’ il commovente dialogo tra il computer Hal 9000 e il comandante David Bowman, a bordo dell’astronave Discovery in missione verso Giove nel capolavoro di Stanley Kubrick “2001 Odissea nello spazio”. Oggi, questo dialogo potrebbe aver lasciato l’incantato mondo della fantascienza ed essere diventato una possibile realtà. “Thinking machine?” è infatti il titolo dell’articolo di copertina della prestigiosa rivista britannica Nature. Lo studio riportato sul magazine scientifico è stato condotto dal matematico Richard Hahnloser dell’ Institute of Neuroinformatics di Zurigo, in collaborazione con i colleghi del Massachusetts Institute of Technology e dei Bell Laboratories, due punte di diamante tra i centri di ricerca che si occupano di macchine pensanti.

    Il cuore del lavoro svizzero-americano è la realizzazione di un circuito elettronico che compie operazioni “copiando” il funzionamento del cervello animale. In particolare, i ricercatori hanno messo a punto una rete in silicio che ricalca la struttura della neocorteccia cerebrale e ne imita le funzioni base. E che, almeno dal punto di vista delle capacità di elaborazione numerica, ha potenzialità decisamente superiori rispetto a quelle di una rete neurale biologica. A patto però di riuscire a rubarne il segreto, ovvero capirne e riprodurre il funzionamento. Insomma, pur con periodi di attenzione più o meno alta da parte dei mass media, gli studi di intelligenza artificiale vanno avanti e segnano qualche punto. Avvicinandoci, chissà, al giorno in cui un circuito di silicio potrà dialogare con gli umani in modo “intelligente”.

    La caratteristica innovativa del modello proposto da Hahnloser è la fusione di due aspetti finora giudicati incompatibili dagli ingegneri elettronici: la componente digitale e quella analogica. All’interno di un circuito che deve rispondere a stimoli esterni in modo “intelligente”, infatti, la parte digitale è necessaria per selezionare, tra i segnali in entrata, quelli con priorità più alta. La componente analogica viene invece usata per amplificare i segnali scelti e le relative risposte del sistema. Questo processo avviene continuamente nelle reti neurali che formano il nostro cervello.

    Il team di scienziati diretti da Hahnloser, oltre a realizzare il prototipo di cervello in silicio ha allora formalizzato una teoria matematica per dimostrare come l’amplificazione analogica e la selezione digitale possano coesistere naturalmente nello stesso circuito, senza interferire e disturbarsi a vicenda. Il trucco sarebbe tutto nelle cosiddette “connessioni ricorrenti”: neuroni vicini sono collegati in modo da stimolarsi a vicenda in caso di segnale esterno, mentre quelli lontani si inibiscono. Questo significa che quando una zona del circuito viene stimolata, un nugolo di neuroni è pronto all’azione – ovvero a elaborare input e output – e comunica al resto della rete di non intervenire.

    Il modello, quindi, è in grado di eliminare eventuali elementi di distrazione, concentrando l’attenzione sugli stimoli principali. E si basa sulla forza e la distanza delle connessioni tra i diversi nodi della rete. Ma proprio questo potrebbe essere il tallone d’Achille della teoria: i ricercatori hanno infatti costruito una rete assolutamente simmetrica, ipotesi questa che è però tutta da verificare. Il cervello umano, infatti, potrebbe avere connessioni tra neuroni che sono più forti in un senso che in quello opposto.

    Ciò nonostante le applicazioni dello studio entusiasmano la comunità scientifica. Come spiega infatti Chris Diorio, del dipartimento di Computer Science dell’Università di Washington, “questo lavoro dimostra che conosciamo già tutto quello che ci serve per iniziare a costruire circuiti integrati in grado di ragionare come esseri viventi”. Proprio come il “fantascientifico” Hal 9000 di Kubrick.

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