La proteina salva reni

I reni sono i filtri principali del nostro organismo. Quando non funzionano più è necessario ricorrere alla dialisi o, nei casi fortunati, a un trapianto. Il problema è che le tecniche attuali permettono di diagnosticare il malfunzionamento dei reni solo quando gran parte del danno è già avvenuto. Ma ora una nuova molecola chiamata cistatina-c sembra essere in grado rivelare le alterazioni della funzionalità renale in fase precocissima. Un anno di sperimentazione, condotta in Europa e negli Stati Uniti, sta fornendo risultati incoraggianti, al punto che i ricercatori stanno impiegando il nuovo marcatore anche per valutare i primi segnali di rigetto nel trapianto renale. I risultati della ricerca sono stati illustrati e confrontati recentemente al Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice, nell’ambito della Scuola internazionale di farmacologia.

Ancora oggi, in tutto il mondo, la valutazione la funzionalità renale si effettua attraverso la verifica del cosiddetto filtrato glomerulare (Gfr). L’analisi viene eseguita misurando il livello della creatinina sierica, una sostanza fisiologicamente inerte i cui valori, in un soggetto sano, si mantengono costanti. I livelli di creatinina aumentano quando i nefroni, i centri di filtraggio del rene che in un organo sano sono tra 800 mila e 1,2 milioni, iniziano a non funzionare. Il guaio è che l’allarme scatta solo quando almeno il 20 per cento dei nefroni ha perso la capacità di filtrare la preurina. Secondo alcuni ricercatori l’aumento della creatinina si apprezza, addirittura, soltanto quando un terzo dei dal 30 al 35 per cento dei nefroni è altamente compromesso.

A questo c’è da aggiungere che anche le metodologie impiegate per misurare la creatinina presentano dei deficit da non sottovalutare. La creatinina si misura attraverso una reazione colorimetrica o mediante metodi enzimatici: “Entrambe le tecniche presentano livelli di precisione discutibili”, spiega Michele Mussap, ricercatore presso il Servizio di medicina di laboratorio dell’azienda ospedaliera di Padova, “con il metodo della colorazione c’è il rischio che fino al 20 per cento del colore sia determinato da sostanze diverse dalla creatinina, per esempio acido urico, bilirubina, glucosio e alcuni farmaci. Anche il secondo metodo, messo a punto proprio per superare queste difficoltà, non è totalmente affidabile perché risente di interferenze”. Ancora meno affidabile è la misurazione della creatinina nel neonato a causa della sensibile influenza materna: nel misurare il livello presente in circolo nel neonato bisogna tener conto infatti della quota di creatinina che deriva dal sangue della madre.

La cistatina c, promette invece di superare queste difficoltà, almeno stando ai lusinghieri risultati delle ultime sperimentazioni. La cistatina-c è una proteina basica a basso peso molecolare, che contiene 120 aminoacidi. La biosintesi di questo marcatore avviene in tutte le cellule nucleate del nostro organismo ed il rene è il sito catabolico principale. Ma perché la cistatina-c è il marcatore più importante per verificare la funzionalità renale? “Presenta un tasso di sintesi costante nei diversi tessuti”, spiega Mussap, “viene eliminata quasi totalmente dal filtro glomerulare e inoltre, e questa è la cosa più importante, non risente di influenze come il sesso, l’età, lo stato nutrizionale del paziente o la presenza di altre infezioni. Infine, non si lega ad altre proteine plasmatiche”. Tutte proprietà che la rendono la più idonea nella valutazione dell’attività di filtraggio.

La determinazione della cistatina c nel sangue può avvenire con diversi metodi immunometrici. “Contrariamente a quanto avviene con la tradizionale creatinina”, prosegue Mussap, “le variazioni di livello della cistatina-c in circolo sono in grado di evidenziare anche piccole variazioni del filtrato glomerulare, consentendo una diagnosi molto precoce della patologia renale legata al filtraggio”. Una duplice valenza il marcatore lo assume nei neonati in quanto non risente delle influenze materne. Per Vassilios Fanos, presidente del Gruppo nazionale di studio di nefrologia neonatale (struttura della Società italiana di neonatologia), “ci troviamo dinanzi a una importante conquista, con interessanti risvolti anche nella valutazione di patologie renali a carico dei soggetti maggiormente fragili come i prematuri”. Gli fa eco Luigi Cataldi, della Divisione di neonatologia dell’Università “Sacro Cuore” di Roma: “Ogni anno circa cento bambini di età inferiore ai 15 anni sono costretti a ricorrere alla dialisi: se si considera che il dato, negli ultimi anni, è in crescita, nonostante la riduzione delle natalità, si evince che i casi sono in aumento”.

La diagnosi precoce, pertanto, riveste una grande importanza. Il marcatore viene impiegato oggi, in via sperimentale, anche per valutare la funzionalità del rene nei soggetti trapiantati e le variazioni di livello del tasso di cistatina-c in circolo rappresenta un buon campanello d’allarme nella valutazione del rigetto dell’organo. “Capire ai primi segnali che l’organismo tende a rigettare il rene”, conclude Mussap, “ci aiuta ad attuare in tempo adeguate terapie antirigetto”.

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