Un nuovo tipo di test, sviluppato dal Centri di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica (Cpo) di Torino e Firenze, potrebbe presto affiancarsi al Pap-test per identificare le donne realmente a rischio di sviluppare il tumore alla cervice, e rendere la prevenzione più efficace.
Le tecniche di diagnosi precoce hanno permesso, finora, di isolare e studiare il virus dell’Hpv (Human Papilloma Virus), oggi ritenuto una delle cause principali del del tumore all’utero, il secondo più diffuso tra le donne. Prelevando campioni di tessuti dalle lesioni sospette del collo uterino, è infatti possibile identificare la presenza del virus nelle cellule.
Le donne in cui il Pap-test rivela la presenza dal virus Hpv, però, non sono tutte a rischio carcinoma. Per i ricercatori, capire quali tra queste è effettivamente predisposta è ora la sfida più grande. Il nuovo test è frutto di uno studio coordinato da Guglielmo Ronco, direttore del centro torinese, e basato su un esame citologico condotto su 1.170 donne, dai 25 ai 60 anni, tutte positive al virus Hpv secondo il Pap-test. Attraverso l’immunostaining, un esame del contenuto proteico delle cellule, i medici hanno osservato che i valori di una particolare proteina, denominata p16-INK4A, sono più alti della norma nelle donne con un grado di infezione abbastanza severo, e ancor più elevati nelle pazienti che hanno già sviluppato la neoplasia. Dagli esami compiuti, Ronco e Francesca Carozzi hanno osservato che la crescita dei valori di questa proteina è collegabile a uno stadio avanzato dell’infezione, motivo che fa ritenere la P16INK4A una spia della comparsa o dell’evoluzione di un tumore. I dettagli dello studio sono pubblicati su Lancet Oncology on line. (ga.c.)
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