La Relatività generale? Funziona in tutto l’Universo

La teoria della Relatività generale funziona anche su scala cosmologica: la gravità modifica il cammino della luce anche oltre i confini del Sistema Solare. Le prove che la gravità dei corpi distorca lo spazio e il tempo non mancano, ma, finora, le misurazioni astronomiche erano state compiute solo nelle “vicinanze”. Ora, uno studio appena pubblicato su Nature da un gruppo di ricerca del Dark Cosmology Centre del Niels Bohr Institute, in Danimarca, sta facendo tirare un sospiro di sollievo a tutti gli astrofisici che hanno basato i loro modelli cosmologici sulla teoria di Einstein

Non si tratta di quella della Relatività ristretta (o speciale) messa in discussione in questi giorni da quella che potrebbe essere la scoperta del secolo (vedi Galileo, “Neutrini più veloci della luce, ecco le perplessità“), ma di quella pubblicata circa 10 anni più tardi. Qui i neutrini non c’entrano. C’entra, piuttosto, un effetto su cui si basa quasi tutto ciò che sappiamo oggi sull’Universo: il cosiddetto spostamento verso il rosso (redshift), cioè quel fenomeno per cui la lunghezza d’onda della radiazione luminosa emessa da stelle e galassie tende ad aumentare (spostandosi verso il colore rosso dello spettro elettromagnetico) man mano che si avvicina alla Terra. Una delle cause del redshift – che è tanto più marcato quanto più lontana è la sorgente luminosa – è l’espansione dell’Universo. Un’altra, secondo la teoria della Relatività generale, è il campo gravitazionale generato dalle galassie attraverso il quale si muove la luce. 

E qui arriviamo al nocciolo della questione. Sino ad oggi, il redshift gravitazionale era stato verificato con misurazioni condotte all’interno del Sistema Solare, ma mai nessuno lo aveva testato nello Spazio più profondo. Ora, grazie a una tecnologia sempre più raffinata, i ricercatori danesi sono riusciti a misurare lo spettro della radiazione luminosa emessa da galassie lontane mille volte i corpi celesti presenti nel nostro sistema. E le osservazioni hanno confermato la teoria. “È meraviglioso, viviamo in un’epoca in cui i progressi della tecnologia ci permettono di misurare fenomeni come il redshift gravitazionale cosmologico”, ha commentato Radek Wojtak, a capo dello studio. 

Wojtak ha osservato lo spettro della radiazione luminosa emessa da circa 8mila ammassi di galassie, ovvero insiemi di centinaia di galassie tenute incollate dalla loro stessa gravità. Le loro misurazioni sono state effettuate sia su quelle posizionate al centro dei gruppi, sia su quelle periferiche. Secondo la teoria della Relatività generale, infatti, la luce perde energia quando attraversa un campo gravitazionale: più forte è il campo e più energia viene consumata. Di conseguenza, ci si aspetta che la luce proveniente dal centro degli ammassi (dove il campo gravitazione è molto intenso) perda più energia di quella emessa dai bordi. Questo è esattamente ciò che Wojtak e colleghi hanno verificato, “pesando2 la massa delle galassie e calcolando l’energia potenziale gravitazionale. 

La scoperta è importante anche sotto un altro aspetto: è in perfetto accordo con i modelli cosmologici che prevedono l’esistenza della materia oscura, quella parte dell’Universo che i ricercatori non riescono a osservare perché non emette né riflette la luce. Non solo. Le nuove misurazioni segnano anche un punto a favore dell’energia oscura, che le speculazioni teoriche indicano come la responsabile dell’accelerazione dell’espansione dell’Universo. Secondo i calcoli derivati dalla Relatività generale, questa costituirebbe circa il 72% di tutto ciò che si trova là fuori.

Riferimento: Nature doi:10.1038/nature10445

Via Wired.it

Credit per l’immagine: Nasa

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