La salute unisce

Un ponte di pace unisce due popoli in guerra. Un ponte costruito su un bisogno comune: la salute. A gettarne le fondamenta sono stati dei medici israeliani, palestinesi e giordani che dal 1995 lavorano insieme a progetti sanitari comuni con un doppio obiettivo: portare le cure necessarie a chi ne ha bisogno e creare una collaborazione al di là dei confini. Risultati raggiunti con successo, come raccontano Harvey Skinner e i colleghi dell’Università di Toronto (Canada) in un articolo apparso su The Lancet: “la nostra esperienza dimostra che anche i professionisti della sanità possono contribuire al processo di pace”.Tutto inizia all’indomani del conflitto giordano-israeliano del 1994 su richiesta di Re Hussein di Giordania. Serviva un’iniziativa, basata su esigenze sanitarie comuni, per consolidare la pace appena siglata. L’idea convinse anche lo Stato di Israele e l’Autorità Palestinese. Nasceva così il programma del Canada International Scientific Exchange Program (Cisepo), un’organizzazione non governativa con base al Mount-Sinai Hospital e all’Università di Toronto, che nell’arco di dieci anni ha coinvolto 21 ospedali (12 in Israele, 8 in Giordania e uno in Cisgiordania), 9 università, tra le quali 5 israeliane, due palestinesi e due giordane e il Royal Medical Service di Giordania, oltre che molti centri per la salute dell’infanzia e numerose organizzazioni non governative. Il bisogno medico comune è stato individuato inizialmente nella sordità congenita, problema rilevante per il territorio. La collaborazione promossa da Cisepo ha portato alla nascita nel 1998 della prima associazione professionale di arabi e israeliani, l’Associazione per la sordità infantile del Medio Oriente (Meha), e allo screening di 17 mila neonati dei tre paesi nel 2001. L’anno seguente il gruppo di lavoro arabo-israeliano ha pubblicato importanti studi sulla genetica della sordità congenita sulla rivista “Human Genetics”, ha organizzato congressi e seminari e nel 2003, anno di conclusione del programma, ha avviato 300 bambini alla riabilitazione, all’apparecchio acustico o all’impianto cocleare a seconda del deficit uditivo. “Il nostro lavoro è iniziato prima a piccoli passi, con workshop e corsi di formazione ed è proseguito con progetti sempre più importanti”, spiega Skinner. “A quello della sordità si sono aggiunti progetti di prevenzione per la salute materno-infantile e dei giovani, programmi sulla nutrizione e sulle malattie infettive. Tutte collaborazioni che sono proseguite nonostante le tensioni dovute alla seconda Intifada palestinese del 2000”. Prossimo obiettivo: lo screening di 130 mila bambini che vivono in comunità prive di servizi sanitari e la creazione di centri di assistenza per i piccoli e le loro famiglie. Il segreto di questo successo? La costruzione di relazioni fra i medici, la voglia di crescere a livello professionale e accademico, l’attenzione verso temi sanitari di interesse comune e la presenza di un intermediario che coordini le varie attività. “Il nostro lavoro si basa su un modello a due livelli, che integra obiettivi specifici ad altri di più largo raggio”, continua Skinner, “I medici sono attratti, infatti, dalla possibilità di migliorare la propria professionalità e i servizi da offrire e così si viene a creare un network che costituisce un ponte verso la pace”. E che può trovare vigore anche grazie ad accordi come la recente Dichiarazione di Cooperazione Internazionale negli Affari Scientifici ed Accademici firmato il 4 maggio 2004 all’Università “La Sapienza” dai rettori di cinque istituzioni accademiche israeliani e da quattro palestinesi. L’esperienza, insomma, sarebbe la dimostrazione che una collaborazione è possibile nonostante le difficili circostanze, anche in mancanza di decisioni politiche che sanciscano la fine di ogni conflitto. Questo è sufficiente a promuovere la costruzione di una pace duratura? E’ convinto di no Samer Jabbour, dell’American University of Beirut, come spiega provocatoriamente in un commento su The Lancet: “La pace è qualcosa di più di un limitato numero di relazioni tra medici. Perché i palestinesi dovrebbero gettare le basi per una collaborazione prima che lo Stato di Israele abbia reso giustizia al loro popolo?”. E’ necessaria, quindi, in ogni caso una decisione politica. Al di là di ogni polemica, però, l’esperienza positiva di questo dialogo tra arabi e israeliani è una realtà.

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