La scelta di Barcellona

A partire da giugno, in quattro ospedali di Barcellona, saranno distribuite pastiglie di Cannabis per uso terapeutico. L’iniziativa del governo catalano permetterà a malati di sclerosi multipla, Aids, cancro e altre patologie di accedere a un principio attivo che potrà alleviare le loro pene. Il progetto è sperimentale ed è stato criticato anche da alcuni sostenitori dell’uso terapeutico di questa sostanza. Comunque, rappresenta una via che ai pazienti italiani è ancora praticamente reclusa.Per il momento, potranno avvalersi della terapia i pazienti in chemioterapia, quelli che soffrono di anoressia a causa dell’Aids, i malati di sclerosi multipla, e quelli che patiscono dolori neuropatici. “L’iniziativa risponde a un’esigenza reale dei pazienti”, commenta Marta Durán Delmas, medico dell’Università Autonoma di Barcellona. Negli ultimi 20 anni, Durán ha monitorato le chiamate ricevute dall’Ospedale della Vall d’Hebron di Barcellona, concentrandosi su quelle che richiedevano informazioni sulla Cannabis. Ha potuto così capire che molti pazienti avevano anticipato il sistema sanitario e già si curavano da soli in questo modo. Vivendo, però, in un mondo d’incertezze. Infatti, dovevano ricorrere al circuito illegale. Non avevano il controllo della percentuale di principio attivo presente nella pianta. E dovevano subire gli effetti collaterali causati dal tabacco: l’unico modo per assumere la sostanza era infatti fumarla.Di fronte a questa realtà e ai risultati che nel corso degli ultimi anni sono andati accumulandosi sui benefici di questa sostanza, i ricercatori hanno pensato di dover agire. L’uso dei cannabinoidi, infatti, allevia i dolori, ripristina l’appetito, riduce la nausea e allevia i sintomi muscolari della sclerosi multipla. La loro efficacia è stata dimostrata sui pazienti malati di Aids e su quelli in chemioterapia, e ha portato gli Stati Uniti, il Canada, l’Irlanda e il Regno Unito a introdurre sul mercato dei derivati sintetici della Cannabis. Su cui sono in corso studi clinici su larga scala nella sclerosi multipla e come terapia del dolore. Ma già quelli su scala ridotta hanno dato risultati promettenti. Gli effetti collaterali sono assai ridotti rispetto alla gravità delle patologie. Quelli cardiovascolari per esempio possono essere controllati riducendo le dosi nel caso di malati ipertesi. Quelli psicoattivi di alterazione della percezione e le possibili alterazioni cognitive (come psicosi o schizofrenia) poi sono assai ridotti, considerando le dosi di somministrazione sufficienti.”Il progetto catalano ha dei difetti”, precisa Durán. Infatti la Cannabis verrà assunta in pastiglie che sono ottenute praticamente triturando la pianta. “La forma ideale di assunzione è l’estratto: così il principio attivo è più efficace e si può controllare in che percentuale è presente”. Tuttavia, già il fatto di poter accedere legalmente rappresenta un enorme vantaggio rispetto alla situazione dei pazienti italiani. Lo spiega Salvatore Grasso, medico e presidente dell’Associazione per la Cannabis Terapeutica. “In Italia l’unica via legale è quella dell’importazione dall’estero. Ma questa è praticamente una via chiusa. Infatti, i ritardi del ministero nel rilasciare i permessi, e le trafile burocratiche a livello di Asl, la rendono impraticabile. Fra l’altro, la richiesta va rifatta da capo ogni mese, mentre il medicinale ci mette molto di più ad arrivare”.Il disagio dei malati di fronte a questa situazione è grande. Lo racconta Gianpiero, 31 anni, affetto da epilessia in seguito a un grave incidente avvenuto nel 1992. “Nel ‘94, leggendo delle riviste, viene a sapere che alcune persone col mio stesso problema hanno trovato sollievo nella Cannabis”. Da allora, lascia le terapie a base di barbiturici, che gli provocano effetti collaterali dallo stordimento all’impotenza. Ottenere la medicina, però, è una “via crucis”. I medici di rifiutano di inoltrare al ministero le richieste del suo specialista. Il ministero risponde dopo mesi e pone mille difficoltà. Il risultato è sconsolante: “Sembra che ci siano solo due possibilità: o una persona sta male, o è guarita. Non gli viene data la possibilità di sentirsi bene, anche essendo malata. La Cannabis non cura, però permette di condurre una vita migliore”, conclude il giovane.Per uscire dal vicolo cieco, l’Associazione per la Cannabis terapeutica ha avanzato, l’anno scorso, una proposta di legge a tutela dei diritti dei pazienti. Il suo iter, però, è rimasto bloccato. I ricercatori italiani, d’altra parte, cercano di mantenersi attivi su questo fronte. Il mese prossimo il gruppo di Carlo Pozzilli de “La Sapienza” di Roma, avvierà una sperimentazione applicata alla sclerosi multipla. E la settimana scorsa, in una conferenza all’Ospedale Umberto I della capitale, è stata posta la questione dell’utilizzo di questa sostanza nel campo della terapia del dolore. A livello mondiale, le nuove linee di ricerca si orientano sulle applicazioni all’epilessia, all’asma, al glaucoma, e nella lotta al tumore.

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