La scienza alla base del Risorgimento europeo

Sembra che le popolazioni che hanno abitato la nostra penisola, grazie forse a quella peculiarità geografica che la rende attraente per due terzi come un’isola, abbiano sperimentato molto a lungo forme di regionalizzazione con il solo elemento unificante della lingua, appena diversificata da sfumature dialettali. Che l’unione socio-politica di queste regioni, in realtà “stati” sia avvenuta in tempi recenti e sia stata chiamata, non a caso, Risorgimento, evoca una aspirazione lungamente covata dalla popolazione tutta, ma ostacolata da governanti locali o emissari di occupanti stranieri intesi a mantenere privilegi acquisiti.

Ma la collaborazione nazionale di categorie della cultura guidate da obiettivi sovranazionali si era manifestata con forte anticipo rispetto all’affermazione di un Regno d’Italia: il caso più illuminante fu certo quello degli scienziati che si ricongiunsero già nel 1839, nel nome di Galileo Galilei, a dispetto delle sovranità intolleranti come quella austroungarica o della Chiesa e con il tacito assenso dei Borboni e dei savoiardi, persino con il favore dichiarato del Granduca di Toscana, Leopoldo II e la sollecitazione illuminata di Carlo Luciano Bonaparte di Musignano.

La riunione che si tenne a Pisa durante la festa della Luminara fu un successo: si constatò che gli scienziati aspiravano a un unico futuro senza barriere e che la cultura di una vera Nazione ne avrebbe guadagnato enormemente. Non c’è chi dubiti, oggi, dei vantaggi di una evoluzione cooperativa (se si esclude la Lega che, in Italia, ancora protegge l’incultura autarchica di alcuni politicanti razzisti e protezionisti dediti al commercio). Ma, ora, siamo “Europei”; ironia della sorte, c’è piena evidenza dei vantaggi che l’Europa ricaverebbe, se non altro per semplici “economie di scala”, dalla condivisione della gestione delle risorse e dei servizi. I risparmi potrebbero essere enormi e gli sprechi molto contenuti.

Ma, se la lingua divide i paesi dell’UE, la moneta euro non li unisce abbastanza, semplicemente perché la moneta non è un bene materiale ma solo virtuale, relativo a una produzione, a un mercato, a un welfare. Occorre, insomma, preparare un Risorgimento europeo e l’idea di sperimentarlo fondendo in una struttura sovranazionale scienziati e tecnologi – di fatto già sperimentata dagli anni ’50 con il CERN almeno in alcuni settori di competenze – si impone. Perché non portarli di nuovo tutti a Pisa a decidere della loro sorte? La storia insegna ciò che è stato e ha migliorato le cose; vogliamo approfittarne? Immaginiamo allora insieme come si potrebbe fare: è difficile, non c’è bisogno di ricordarlo, ma se si crede che sia più che ragionevole, è stupido non farlo.

Immagine: Europa Regina, Sebastian Munster, 1570

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