La scienza imbavagliata

Il rischio è la censura delle ricerche scientifiche e l’impossibilità di pubblicare studi e risultati. Lo strumento che renderebbe possibile questo scenario è l’Export Control Bill, una legge che il Governo inglese porterà alla Camera dei Lord il 4 marzo prossimo. Un provvedimento che dovrebbe impedire alla Gran Bretagna di mettere nelle mani dei terroristi informazioni preziose per la realizzazione di armi sofisticate. Una censura preventiva decisa da una commissione parlamentare chiamata a giudicare gli studi e apporre il proprio visto. Numerose le discipline interessate: la fisica, per gli esperimenti nucleari, la biologia e la genetica, per il bioterrorismo, e così via con la chimica, l’informatica, l’ingegneria. Il mondo accademico inglese è in subbuglio: “provare a prevenire l’esportazione del sapere scientifico è contro l’ethos della scienza”, afferma Peter Cotgrave, direttore del gruppo Save British Science. A cui si aggiungono i pareri preoccupati dell’Universities Uk, l’organismo che raccoglie gli amministratori delle maggiori università inglesi, e di singoli professori che vedono messo a repentaglio il loro lavoro. Spesso basato proprio sulla cooperazione internazionale, sulla presenza nei laboratori di ricercatori stranieri, sulla libera circolazione di informazioni e risultati.

La legge, che riprende l’Export Control Act del 1939, stabilisce di allargare la nuova lista di prodotti per cui è indispensabile chiedere la licenza di esportazione al Dipartimento per il Commercio e l’Industria (Dti): dai soli beni fisici a quelli “intangibili”, come software, e-mail e in generale il sapere scientifico. La legge è divisa in due parti: una che delinea i poteri del Segretario di Stato sull’esportazione, l’altra che entra nei particolari di quali beni siano sottoposti alla legislazione. Ma già nella prima, quella che si discuterà in aula all’inizio del prossimo mese, si fa riferimento alla possibilità di censurare studi scientifici considerati “sensibili”. Tanti gli interrogativi che si pongono i ricercatori inglesi in queste ore. Come comportarsi nel caso di studenti stranieri impegnati in corsi di materie a rischio? La legge prevede una sorta di lista di proscrizione dove appaiano tutti i nomi di ricercatori stranieri che fanno domanda di borse di studio in Gran Bretagna. E ancora: “Due dei miei ricercatori stranieri (un russo e un coreano) lavorano con un’apparecchiatura la cui esportazione è sottoposta a controllo. Cosa significa, che devo chiedere il permesso affinché i miei studenti possano lavorare?”, si chiede Ross Anderson, professore di ingegneria ed esperto di crittografia all’Università di Cambridge. “Bisognerà chiedere una licenza anche per insegnare medicina a uno studente straniero, materie come batteriologia, virologia, tossicologia, biochimica e farmacologia sono fondamentali tanto per la medicina quanto per la fabbricazione di armi biologiche”, va avanti il docente. Il Dti si difende affermando che la legge fa un’apposita eccezione per la ricerca di base, regolando invece solo quella applicata. Peccato che per capire a quale delle due categorie appartenga uno studio, esso debba essere sottoposto al parere dello stesso Dipartimento.

Le stesse restrizioni sono già entrate in vigore negli Stati Uniti, seppur suscitando meno scalpore. Paese ufficialmente in guerra, gli Usa hanno già ritirato dal mercato oltre 6.600 lavori scientifici giudicati pericolosi se mantenuti pubblici. “Stiamo lavorando sodo per mettere a punto delle linee guida così che i terroristi non possano utilizzare informazioni prodotte dagli Usa contro gli Usa stessi”, ha affermato Tom Ridge, direttore dell’Ufficio per la Sicurezza Nazionale. Tra i documenti ora introvabili risultano ricerche degli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta su cui era stato tolto il segreto di Stato e studi recenti considerati accessibili prima dell’11 settembre. In più una delle proposte della Casa Bianca è quella di eliminare dalle riviste scientifiche articoli che forniscano i dettagli degli esperimenti eseguiti, così che nessun altro possa riprodurli. Il Governo lo ha chiesto all’American Society of Microbiology, che pubblica 11 riviste, che ha risposto così per bocca del suo presidente Abigail Salyers: “Il terrorismo si nutre della paura, e la paura dell’ignoranza. La migliore difesa contro l’antrace o ogni altro agente infettivo è l’informazione”.

A farla da padrone è quindi la paura che i terroristi riescano a produrre armi chimiche. Ragione per cui si dovrebbe rinunciare a uno dei capisaldi della ricerca scientifica, almeno quella istituzionale: la cooperazione. La stessa che ha consentito di raggiungere un significativo risultato annunciato proprio oggi sulle pagine di New Scientist: un possibile farmaco contro l’antrace. I ricercatori dell’Università di Cambridge hanno selezionato 300 mila possibili nuovi composti grazie a un software condiviso su 1.200 computer che, un volta accesi, cominciavano a esaminare migliaia e migliaia di molecole. Un risultato che forse nei prossimi mesi non sarà più riproducibile.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here