La tecnologia piace, con precauzione

    A che serve la tecnologia, nella vita quotidiana? A risparmiare tempo e a conciliare vita personale e professionale, in primis. La pensa così il 70 per cento degli italiani tra i 30 e i 44 anni. Anche se il contatto umano reale prevale ancora su quello virtuale: soltanto il 5,2 per cento non rinuncerebbe a controllare la mail per una settimana e il 3,6 per cento a star lontano da un social network, mentre ben il 56,3 per cento non si negherebbe un’uscita con gli amici. Lo rivela il secondo rapporto “La cultura dell’innovazione in Italia” condotto dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps-Cnr) insieme a Cotec – Fondazione per l’innovazione tecnologica e a Wired Italia.

    L’indagine è stata svolta su un campione di quattromila persone (della sola classe di età 30-44 anni), metà donne e metà uomini, caratterizzato per regione e rappresentativo soprattutto della popolazione diplomata e laureata. I partecipanti hanno dovuto rispondere a 68 domande sui temi dell’innovazione (dagli Ogm al nucleare, dalle nanotecnologie alle biotecnologie, e così via) e degli stereotipi di genere. “Un sondaggio su questa fascia di ‘giovani adulti’ ha un valore particolare, perché offre uno spaccato realistico della popolazione che si trova nel pieno della carriera e dello sforzo lavorativo. Inoltre è il momento in cui le donne formano la loro famiglia”, ha spiegato Adriana Valente dell’ Irpps-Cnr, autrice dell’indagine. “Rispetto al primo rapporto, in cui avevamo considerato tutta la popolazione, compresi gli anziani – ha continuato la ricercatrice –,  le donne appaiono qui più favorevoli alla tecnologia”.

    E’ emerso, infatti, che il concetto di innovazione tecnologica, per la stragrande maggioranza degli intervistati di entrambi i sessi, è legato a quello di sviluppo, anche se le donne lo associano al ‘rischio’ più degli uomini (44,8% contro 38,1%). L’80 per cento del campione, comunque, è non è d’accordo con l’immettere sul mercato prodotti e servizi innovativi a un ritmo frenetico, e più del 70 per cento è a favore del principio di precauzione. Sempre a detta della maggioranza, a decidere sull’impiego e la diffusione delle tecnologie dovrebbero essere prima di tutto gli scienziati e poi ‘tutti i cittadini’, confermando così la preferenza per la partecipazione diretta a quella rappresentativa. In questa ottica, la popolazione si ritiene però sufficientemente informata solo sui temi che riguardano i termovalorizzatori, i pannelli solari e fotovoltaici, il Web 2.0, Internet e i social network (usa il web l’86% dei 30-44enni e il 96,7% degli occupati di alto livello), mentre ammette la sua ignoranza in particolare su nanotecnologie (il 72,8%), clonazione terapeutica (74,6%) e farmaci intelligenti (63,9). Nell’acquisto di un prodotto tecnologico, infine, per il 48,7 per cento del campione la scelta dipende più dalle caratteristiche tecno-ecologiche che non da quelle funzionali o dal design.

    Per quanto riguarda la popolazione femminile, l’83 per cento delle intervistate pensa che l’innovazione tecnologica abbia migliorato la sua qualità di vita (anche se molto più al Nord che non al Sud), ma solo il 60 per cento crede che accadrà altrettanto nelle generazioni future. Interessante il fatto che, tra le stesse donne, a percepire i vantaggi della tecnologia siano più le studentesse e le occupate rispetto alle casalinghe, nonostante queste utilizzino moltissimo i prodotti hi-tech. C’è un atro dato interessante, come riporta la co-autrice del rapporto, Loredana Cerbara: “Quasi il 30 per cento delle donne intervistate crede che gli uomini sfruttino meglio la tecnologia nell’ambiente di lavoro, e solo il 28 per cento è pienamente d’accordo che la tecnologia sia un’opportunità per diminuire lo svantaggio femminile nel lavoro. Anzi, potrebbe essere una ‘trappola’, come suggeriscono le risposte sul rischio che la tecnologia possa finire per aumentare il tempo lavorativo delle donne”. Non è tutto: il 29 per cento è convinto che, in un momento di crisi, debbano essere gli uomini e non le donne a conservare il posto di lavoro, anche se solo il 14,6 per cento ritiene che i maschi siano ‘capi’ migliori, e appena il 12,8 per cento che siano migliori leader politici.

    Quanto alle differenze tra Regioni, il rapporto indica  Sardegna, Campania e Basilicata come i luoghi in cui vi è maggior necessità di informazione sulla tecnologia. Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige sono le regioni in cui Internet è più utilizzato dalla fascia di popolazione considerata (94, 93,5 e 91,5 per cento rispettivamente), mentre Campania, Sicilia e Calabria restano i fanalini di coda (26,1, 24 e 21,7 per cento). (t.m.)

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