La tv dei piccoli

Esiste una tv a misura di bambino? Al dibattito si accettano iscrizioni. Una cosa è certa: c’è la necessità, avvertita da tutti e analizzata in un libro uscito di recente, di avviare un processo di autodifesa dei bimbi nei confronti del piccolo schermo. E mentre in Italia si approva un codice di autoregolamentazione, a ribaltare i ruoli ci prova l’Unicef, trasformando, anche se solo per un giorno, i bambini da spettatori passivi a protagonisti dei programmi.Non più bambini con sguardi ipnotizzati, assenti davanti alla televisione ma veri protagonisti dell’etere. Proprio questo è lo scopo della “Giornata internazionale della radio e della televisione a favore dei bambini” organizzata dall’ Unicef e che si svolgerà il 14 dicembre. Le reti radiofoniche e televisive di 170 paesi, quel giorno, cambieranno il modo tradizionale di fare programmi. Daranno la possibilità ai bambini di partecipare direttamente, sintonizzandosi sulla frequenza “bimbi”, a più di 2000 trasmissioni a loro dedicate. In un periodo dove la televisione è parte integrante della vita di milioni di minori, l’Unicef ha pensato bene di sfruttare la Tv come mezzo di unione per abbattere le frontiere nazionali e culturali. Coloro che si collegheranno con le trasmissioni potranno raccontare le loro storie, incontrarsi via etere con coetanei di altri continenti e insieme parlare direttamente con i loro beniamini del mondo dello spettacolo.

Sarà forse una delle poche volte in cui nessuno avrà dubbi sulla validità del mezzo televisivo. Un messaggio che spesso è considerato responsabile di molte devianze e problemi giovanili come la criminalità, l’apatia sociale e l’iperconsumismo.Ma allora la televisione può anche aiutare i bambini? O è solo un surrugato elettronico della realtà che i più piccoli devono evitare? A queste domande cerca di rispondere anche il libro di Elisa Manna “La videoIndipendenza”, recentemente pubblicato dall’edizioni Associate. Il volume prende spunto da ricerche condotte in tutto il mondo sul rapporto che la televisione ha sul rendimento scolastico, sui comportamenti sociali, sui consumi e sui comportamenti violenti. Emerge che ” la televisione non è un mostro a sette teste in grado da sola di fare dei nostri pargoletti dei potenziali serial killer”. La sua influenza – si legge – risulta realmente effettiva solo in rapporto ad altre concause. Come in presenza di personalità fragili, dotate di capacità di rielaborazione psichica limitata, oppure abbinata ad ambienti familiari disastrosi. Certo, la responsabilità del mondo televisivo è grande, più di quanto immaginiamo, perché “crea cultura” e va regolamentata.

Ed è forse per questo che finalmente in Italia ci si è occupati del problema. Pochi giorni fa è stato firmato da tutti i maggiori gruppi televisivi (Rai, Madiaset, Cecchi Gori communications e Federazione radio e televisione) il primo “Codice di autoregolamentazione” che prevede una “fascia protetta” dalle 7 alle 22,30. In quell’orario, durante i telegiornali non saranno più trasmesse sequenze “particolarmente brutali che possono creare turbamento o forme imitative nel minore”. Inoltre per le pubblicità trasmesse dalle 16 e le 19, orari densi di programmi dedicati ai bambini, le tv non potranno reclamizzare alcoolici, profilattici, contraccettivi e servizi telefonici come il 144. Infine in tutta la “fascia protetta” nessuno potrà adottare “scurrilità, turpiloqui, offesa verso le religioni”. Ma soprattutto dovranno essere eliminate tutte le immagine in cui i minori appaiano protagonisti di “situazioni di violenza, aggressività, autoaggressività”.

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