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La visione del mondo? Cambia con la lingua

In 1984Orwell immaginava la neolingua, un sistema linguistico creato a tavolino dal socing (il partito unico che domina quel 1984 distopico) per impedire ogni pensiero sovversivo da parte dei cittadini, privandoli, letteralmente, del lessico in cui esprimerlo. L’idea di Orwell è dunque che il linguaggio e il pensiero siano interconnessi, e che la lingua in cui ci esprimiamo influenzi il modo in cui concepiamo e categorizziamo il mondo. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Psychological Science sembra dimostrare proprio qualcosa di simile: il comportamento e il modo in cui un bilingue interpreta il modo dipenderebbero infatti dalla lingua parlata in un determinato momento, e cambierebbero drasticamente variando il sistema linguistico in cui si esprime.

Studi recenti hanno dimostrato che esistono specifiche differenze nel modo in cui i parlanti di due lingue diverse interpretano linguisticamente una stessa vicenda. Come spiega spiega Panos Athanasopoulos, linguista della Lancaster University che ha coordinato lo studio, mostrando a un madrelingua inglese il video di una persona che cammina in direzione di una macchina, e chiedendogli di descrivere la scena, la risposta più comune che si riceve è che il filmato mostra “una persona cammina”. Mostrando la stessa scena a un tedesco invece ci si sente rispondere (sempre in media) che il video riprende “una persona che cammina verso la sua macchina”.

In altre parole, i madrelingua tedeschi tendono a descrivere nella loro risposta anche lo scopo, o l’obbiettivo, di un’azione, perché la loro è una lingua olistica che guarda agli eventi nel loro insieme, mentre chi parla inglese avrebbe la tendenza a concentrare l’attenzione unicamente sull’azione in se stessa.

“Le basi linguistiche di questa tendenza – spiega Athanasopoulos in un articolo pubblicato su The Conversation – sembrano nascere dai modi in cui gli strumenti disponibili in grammatiche diverse permettono di collocare un’azione nel tempo. L’inglese richiede al parlante di esprimere grammaticalmente quando un evento è in fase di svolgimento, utilizzando obbligatoriamente il morfema -ing: ‘I am playing the piano and I cannot come to the phone’ o ‘I was playing the piano when the phone rang‘. In Tedesco invece non esiste questa caratteristica”.

Se per un monolingue la situazione sembra più o meno chiara, cosa succede invece nel caso di persone bilingue? E inoltre: queste differenze riguardano solo la sfera del linguaggio, o avvengono anche nella categorizzazione non verbale di un evento? Per rispondere a queste domande, nel nuovo studio Athanasopoulos e colleghi hanno mostrato a madrelingua inglesi e tedeschi una serie di video che riprendevano persone intente a compiere un’azione come camminare, andare in bicicletta, correre o guidare. I video venivano mostrati in set di tre, uno dei quali conteneva una scena il cui obbiettivo era ambiguo (una donna cammina lungo una strada in direzione di una macchina), uno in cui l’obbiettivo era chiaro (una donna che entra in un edificio) e uno in cui l’azione ripresa era priva di uno scopo preciso (una donna che cammina). I ricercatori hanno quindi chiesto ai partecipanti se il video ambiguo fosse più simile a quello che mostrava un azione con un obbiettivo chiaro, o a quello che ne mostrava una priva di obbiettivo.

Anche in questo caso, in cui la risposta non riguarda solamente la sfera linguistica ma anche la categorizzazione non verbale di un’azione, sono emerse differenze tra inglesi e tedeschi: i madre lingua inglesi infatti hanno associato con più frequenza l’azione ambigua a quella priva di scopo, mentre per i parlanti tedeschi i risultati sono stati opposti.

Ma cosa succede invece nel caso dei bilingui? Sottoponendo all’esperimento persone che parlavano perfettamente sia l’inglese che il tedesco, è emerso che la risposta dipendeva dalla lingua che il soggetto stava utilizzando in un determinato momento. Quando i ricercatori hanno fatto concentrare i bilingui sul tedesco, le risposte sono state infatti simili a quelle dei madrelingua tedeschi, e viceversa. Cambiando inoltre lingua a metà dell’esperimento, le risposte hanno seguito il modo di categorizzare il mondo tipico della nuova lingua.

Come spiega Athanasopoulos, spesso le persone dicono di sentirsi in qualche modo diversi quando utilizzano lingue differenti, e i risultati dell’esperimento sembrano confermare, almeno in parte, questa sensazione.

Via: Wired.it

Credits immagine: jurek d./Flickr CC

 

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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