“La vita? Un imperativo cosmico”

Dopo aver letto su Galileo l’interessante articolo di Pietro Grecosu Stuart Kauffman e i rilevanti commenti di Miguel Virasoro, vorrei aggiungerealcune osservazioni, riguardanti soprattutto gli aspetti sperimentali allabase della questione dell’origine della vita. Prima di tutto dovremmo ricordareche l’”origine della vita” andrebbe pensata come un problemaunico, comprendente non solo l’origine in sé ma anche l’evoluzionee la distribuzione della vita nell’universo. A seconda della cultura edelle competenze di ciascuno scienziato, il tema è stata affrontatada differenti punti di vista. Non ultimo quello della ricerca di intelligenzeextraterrestri.

Probabilmente lo sforzo più intenso per risolvere il problema delladistribuzione della vita nell’universo cominciò alla fine deglianni ‘50 con il lavoro di Frank Drake. Drake aveva studiato da radioastronomoe basò le sue ricerche su alcuni contributi fondamentali di GiuseppeCocconi e Philip Morrison. Dopo quasi 4 decenni di ricerche per rivelaresegnali di intelligenza extraterrestre, non ci sono ancora risposte definitive.Tuttavia questi sforzi hanno portato a progressi tecnologici di primariaimportanza, non solo nel contesto del Progetto Phoenix, diretto all’istitutodi Drake da Jill Tarter, ma anche nella ricerca condotta a Harvard conla strumentazione di un miliardo di canali per la ricerca extraterrestre(BETA) da Paul Horowitz e dall’ora scomparso Carl Sagan.

Molti dei ricercatori che, attraverso radioastronomia, cercano una rispostaalla domanda “siamo soli nell’universo?”, ritengono che l’originedella vita potrebbe essere un fenomeno diffuso in tutto l’universo, nonnecessariamente confinato sul pianeta Terra e nel nostro Sistema solare.Altri scienziati, quelli che hanno compiuto progressi fondamentali nelcampo della fisica della complessità, pensano che l’origine dellavita sia una conseguenza di leggi universali. Non si interessano dell’ultimaparte del problema, la distribuzione della vita nell’universo, ma si limitanoalla sua origine e alla sua evoluzione.

Anzi, viene da chiedersi se, per comprendere in modo profondo il misterodelle nostre origini, dobbiamo porci al di fuori della fisica e della biochimicastandard, o se invece dobbiamo aspettare finché un approccio cosìpotente e a lungo atteso riesca ad affrontare le domande concrete postedall’evoluzione chimica e biologica.

Su questo punto Christian De Duve ha sostenuto nel suo libro “VitalDust” l’inevitabilità dell’origine della vita nell’universoin termini di “costraints on contingency” (traducibile con “vincolitra le mutazioni aleatorie”), senza la necessità di invocareun nuovo paradigma in biologia. De Duve affronta l’intero problema dell’origine,evoluzione e distribuzione della vita, restando nell’ambito della biochimicastandard, più precisamente, entro la genetica molecolare. Nellasua visione non stiamo necessariamente cercando un nuovo paradigma, comela complessità sviluppata da Kauffman nello specifico caso dell’evoluzionebiologica in termini di “confini del caos”. De Duve ha fornitoun impressionante numero di esempi a favore della sua tesi: non solo ilcaso è altamente vincolato nei genomi che conosciamo degli esseriterrestri, ma anche il sentiero evolutivo che ha condotto alle forme attualidi vita sulla Terra potrebbe essersi ripetuto altrove, sebbene su un altropianeta possa aver dato origine ad alberi evolutivi differenti.

Riassumendo, abbiamo imparato alcune lezioni per tentare di rispondereai quesiti posti dalle nostre origini:
– La scienza è un campo aperto per la ricerca, e probabilmente resteràtale per un lungo tempo a venire. Non prevediamo la “fine della scienza”,una frase usata da John Horgan nel suo dibattito con Kauffman.
– La vita potrebbe essere un “imperativo cosmico” (è propriola frase di De Duve) delle leggi della genetica standard, se impariamoa interpretarle correttamente.
– Approcci come quello sostenuto da Kauffman potrebbero avere implicazioniinteressanti nella questione dell’origine della vita, ma sono plausibilianche altri approcci che non invocano la ricerca di un nuovo paradigmain biologia e comunque legati ai concetti di caos e di attrattori.
– Il problema della distribuzione della vita nell’universo non ha bisognodi essere rinviato al futuro lontano, nella speranza di trovare la vitain altri habitat circumstellari nella nostra galassia, come suggerisconole recenti scoperte di sistemi extra solari. Al contrario, la ricerca fisicadi microorganismi nel nostro Sistema solare è fattibile a brevetermine. Andare direttamente su Marte o sulla luna gioviana Europa ha ilvantaggio l’identificazione dei microorganismi può essere discussaanche ora in base alle conoscenze teoriche che possediamo (biologia molecolaree biochimica). Esperimenti di questo tipo sono possibili in missioni chele agenzie spaziali dell’Europa, del Giappone, della Russia e degli StatiUniti sono già in grado di allestire. Il lavoro sperimentale nonha bisogno di attendere che un nuovo paradigma maturi fino ad avanzareproposte concrete.

Per concludere, potrebbe essere opportuno ricordare alcune delle nostrelimitazioni:
– le teorie correnti sono ancora incapaci di prevedere quali pianeti sitrovano in regioni abitabili e, quindi, quali sono potenziali sedi perl’origine della vita. Un aspetto, questo, sollevato dalla sorprendentescoperta che altri sistemi solari hanno pianeti grandi come Giove che distanodalle loro stelle quanto dista Mercurio dal Sole.

– L’oceanografia finora ha avuto un piccolo impatto sulla questione dell’originedella vita, nonostante la grande importanza della recente scoperta chele comunità di batteri insediate presso fumarole idrotermali possonoevolvere considerevolmente, piuttosto che vivere in un rifugio contro l’evoluzione.Dato che la possibile esistenza di fumarole idrotermali sotto un oceanoè stata postulata in altri ambienti del Sistema solare (Europa),la studio delle fumarole idrotermali come potenziali fonti per l’originedella vita rimane una questione importante. Inoltre, il fatto che due deisatelliti del Sistema solare esterno, Europa e Titano, potrebbero averegrandi oceani, rispettivamente di acqua e idrocarburi, indica che per comprenderel’evoluzione chimica (nel caso di Titano), l’origine della vita (nel casodi Europa) e la sua distribuzione nell’universo è urgente estenderelo spettro delle aree di ricerca.

Forse, la teoria della complessità o la biochimica non sono le unichematerie necessarie e alla fine molto del lavoro dovrà essere fattodai geologi, dagli oceanografi, dagli astronomi o semplicemente dai biologitradizionali che imparano a leggere i fatti rilevanti dal libro della natura.Molto probabilmente non ci sarà una singola disciplina scientificaappropriata per la comprensione del problema dei problemi: l’origine, l’evoluzionee la distribuzione della vita nell’universo.

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