Laboratorio atomo

Il suo nome è Finuda (Fisica Nucleare a Daphne), e si trova a Frascati (Roma), nell’impianto dell’acceleratore di particelle Daphne. Si tratta di un esperimento che si propone di produrre una gran quantità di “ipernuclei”, e di studiarne le proprietà. Una ricerca appena iniziata (terminerà la sua prima fase fra tre mesi), che getterà nuova luce sulle interazioni debole e forte: rispettivamente, la forza che fa brillare il Sole e quella che tiene insieme la materia, impedendo al nucleo dell’atomo di disgregarsi. E che permetterà anche di comprendere meglio la struttura del cosmo. Gli “ipernuclei” sono dei laboratori microscopici creati dai ricercatori modificando la struttura della parte interna dell’atomo. Questa è normalmente composta da neutroni e protoni, ma nei “nuclei esotici” sintetizzati in laboratorio, una particella di queste può essere sostituita da un’altra, chiamata “lambda”. Si tratta di un intruso assai diverso dai suoi vicini. Infatti, si potrebbe dire che è fatto di un’altra pasta: protone, neutrone e lambda sono tutti e tre composti da particelle ancora più piccole, dette quark, ma quest’ultimo è fatto da quark “strani” (il termine è tecnico), ben diversi da quelli chiamati “up” e “down”, che compongono i primi due. Questo gli fornisce uno status privilegiato. Infatti, i protoni e i neutroni che si accalcano nel nucleo, non sono soggetti alla sola interazione forte, che li tiene tutti insieme, ma anche al “principio di esclusione di Pauli”, una norma della meccanica quantistica che influenza il comportamento di particelle simili, impedendo loro di assumere la stessa configurazione energetica. Ebbene, in virtù della sua diversità, il lambda non è soggetto a questa legge, e il suo comportamento è determinato genuinamente dalla forza forte. Studiando la particella, quindi, si possono ricavare informazioni preziose sulla forza, indicazioni finora non raccolte perché coperte dal “rumore” del principio d’indeterminazione. Un’altro aspetto interessante dell’esperimento riguarda la forza debole. Questa porterebbe il lambda a “decadere”, ovvero a trasformarsi in un protone o in un neutrone. Ma così facendo il lambda diventa una particella come tutte le altre, e la “pressione” del principio di Pauli la spinge a decadere in modo inusuale. Osservando questo comportamento, gli scienziati possono ottenere informazioni nuove sulla forza debole. A dire la verità, la prima a produrre nuclei esotici è la natura: “Vengono prodotti a seguito dell’interazione di raggi cosmici con i vari materiali”, spiega Tullio Bressani, portavoce di Finuda. È così che furono scoperti nel 1953 dai fisici polacchi Marian Danysz e Jerzy Pniewski. “La specificità di Finuda è però nel metodo di produzione degli ipernuclei”, sottolinea Bressani, “che beneficia di una macchina unica al mondo, il complesso Daphne di Frascati. Esso rappresenta un buon esempio di acceleratore ‘piccolo’ ma molto efficiente”. La quantità di “ipernuclei” prodotti (centinaia di migliaia solo nella fase iniziale) è più o meno la stessa ottenuta e osservata nei 50 anni che ci separano dalla loro scoperta. Un risultato raggiunto grazie a tecnologie di punta come un magnete superconduttore costruito dall’industria nazionale, un insieme di rivelatori a microstrisce di silicio molto avanzato e un preciso sistema di controllo dinamico di miscele gassose, che riempiono il volume sensibile del rivelatore. “Apparati con ricadute tecnologiche nell’affidabilità della gestione di sistemi criogenici e nel controllo, soprattutto dal punto di vista della sicurezza, di sistemi di immagazzinamento di gas infiammabili ed esplosivi”. L’esperimento durerà almeno quattro anni, con un finanziamento di circa 11 milioni di euro distribuiti a partire dal 1994. Spiega Bressani: “Non è stato particolarmente difficile reperirli, anche perché all’atto dell’approvazione l’Istituto nazionale di fisica nucleare era ben finanziato. Non so cosa succederebbe oggi. La classe dirigente è sempre meno sensibile ai problemi della ricerca fondamentale: la vessazione burocratica cresce esponenzialmente e, inoltre, è impossibile reclutare giovani, con prospettive almeno decorose di sopravvivenza. Un giovane ricercatore italiano rimane in situazione di precarietà, con stipendi da fame, fino ad almeno 35 anni. Per fortuna Finuda attira sempre più giovani stranieri (giapponesi in particolare) provenienti da Paesi più sensibili a questi problemi”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here