Categorie: Spazio

L’acqua nelle profondità di Marte

Marte: caldo e bagnato nel sottosuolo, freddo e arido in superficie. Cosicché se la vita, per come la conosciamo, è mai esistita sul Pianeta Rosso, non si è sviluppata nello strato più esterno del pianeta ma in una sorta di incubatore sotto la superficie, bagnata da fiumi e laghi solo per un breve periodo della storia marziana.

A far luce sulle caratteristiche geologiche del pianeta rosso è stato un team di ricercatori internazionali che ha analizzato le immagini del suolo marziano ottenute dal Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars (Crism) del Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa e dall’ Omega spectrometer di Mars Express della European Space Agency nel corso degli ultimi anni. I risultati delle loro analisi, guidate da Bethany Ehlmann del California Institute of Technology e del Jet Propulsion Laboratory, sono stati pubblicati su Nature.

Per svelare i segreti del suolo marziano gli scienziati hanno studiato oltre 350 depositi di argilla – prodotta dall’interazione dell’ acqua con le rocce – in superficie e appena sotto di essa, oggi visibili (e quindi analizzabili) perché portati alla luce dagli eventi di erosione e di formazione di crateri che hanno interessato il pianeta rosso nel corso della sua lunga storia evolutiva.

A scoprire che il suolo marziano è ricco di argilla è stata la sonda Mars Express nel 2005, suggerendo così un ambiente caldo e ricco di acqua per il pianeta, tale cioè da favorire la formazione del sedimento. Ma per trattenere l’acqua liquida, e quindi indurre la formazione di argilla, il pianeta avrebbe dovuto proteggersi dall’evaporazione o dal congelamento con uno spesso strato di atmosfera (diversamente da quanto invece mostra oggi) o almeno averlo posseduto in passato. In realtà giustificare la presenza di argilla su Marte è possibile chiamando in gioco un’altra teoria: ovvero ammettendo che l’acqua che ne abbia determinato la formazione sia stata trattenuta dal pianeta perché nascosta più in profondità.

Per capire se questa teoria rispecchiasse o meno la storia geologica di Marte, gli scienziati hanno studiato la composizione dell’argilla (analizzando i colori nelle immagini catturate dalle navicelle statunitense ed europea). In questo modo, infatti, è possibile risalire non solo alle caratteristiche delle rocce da cui l’argilla si è formata, ma anche alle condizioni ambientali (quindi di umidità e temperatura) in cui questo avvenne.

In questo modo i ricercatori hanno scoperto che il tipo di argilla più diffuso sulla superficie marziana contiene ferro e magnesio, una composizione tipica delle regioni più profonde, sotto la superficie del pianeta (come evidenziato dalla mappatura a colori dei crateri). Al contrario i depositi contenenti alluminio, formatisi dall’acqua in superficie, sarebbero piuttosto rari. Questo, insieme all’identificazione della prehnite (una sostanza che si forma a partire dai 200°C, temperature tipiche del sottosuolo) suggerirebbe che le condizioni che hanno determinato la formazione dell’argilla (acqua e calore) fossero presenti soprattutto sotto la superficie. Fiumi e laghi superficiali invece sarebbero apparsi solo per brevi periodi.

Via: Wired.it

Credits immagine: NASA/JPL-Caltech/JHUAPL

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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