L’agonia della Mir

La situazione a bordo della stazione spaziale Mir, piuttosto critica dal 25 giugno, si è fatta drammatica nelle ultime ore. Mercoledì si è verificata un’avaria a uno dei tre giroscopi che mantengono l’assetto della stazione, l’intera struttura è uscita dall’inviluppo ottimale di volo e di conseguenza i pannelli solari ancora in funzione hanno smesso di produrre energia. La Mir è tornata al buio per l’ennesima volta, e gli astronauti hanno dovuto utilizzare i motori di assetto per tenere sotto controllo la deriva della stazione. Ogni “sparo” di questi motori consuma circa 70 chilogrammi di carburante e sulla Mir sembra che ne sia rimasto poco dei 500 chili iniziali.

Al momento in cui scriviamo, il 4 luglio, dovrebbe partire da Baikonur un cargo con combustibile, pezzi di ricambio, viveri ed effetti personali, con il compito di “attraccare” alla Mir il 7 luglio. C’è chi sostiene che nelle attuali condizioni – ovvero con la stazione che ha variazioni minime di assetto – l’aggancio del cargo Progress non sia cosa facilissima, ma il centro di controllo russo ha ribadito all’agenzia Interfax che l’operazione si dovrebbe concludere senza grandi problemi.

Nel frattempo la vita a bordo non è delle migliori: già dopo l’incidente del 25 giugno la potenza elettrica erogata era scesa del 50%, ora i generatori di ossigeno vengono tenuti in funzione per 12 ore e poi spenti per altre 12, per far sì che le batterie si possano ricaricare. I tre astronauti sono stati obbligati a ricorrere a generatori chimici di ossigeno – le famose “candelette” – e l’anidride carbonica viene rimossa da filtri chimici, che sono molto efficaci se funziona l’impianto di condizionamento. Con l’avaria ai giroscopi, i pannelli solari finiscono facilmente in zona d’ombra, e questo obbliga a “tagliare” l’alimentazione di alcuni sistemi e ad azionare i motori. Le attività a bordo sono ridotte al minimo per risparmiare sul combustibile, tutti aspettano con il fiato sospeso l’arrivo del cargo.

Con l’attracco del Progress – se tutto avverrà senza intoppi – la Mir non sarà comunque salva, anche perché il compito degli astronauti a bordo non è dei più facili: dovranno sostituire il software che governa i giroscopi e provare a farli ripartire, operazione che il centro controllo russo giudica abbastanza complessa. Se ci riuscissero, l’energia erogata dai pannelli solari non sarebbe superiore al 50%, molti sistemi a bordo non sarebbero in grado di funzionare, e questo aumenterebbe la percentuale di ulteriori avarie.

Una soluzione al problema c’è, ed è stata lungamente simulata in vasca nel centro russo di addestramento dei cosmonauti: è assolutamente necessario ripristinare i collegamenti elettrici con i pannelli solari del modulo Spektr, sconnessi dopo l’incidente del 25 giugno, quando durante una manovra di attracco in manuale si perdeva il controllo di un cargo Progress provocando una collisione della navicella contro un pannello solare e la struttura esterna del modulo. Ne seguiva una decompressione dello Spektr e per scongiurare che si estendesse all’intera struttura venivano chiusi i portelli stagni e staccati i collegamenti elettrici anche per paura di incendi.

Il cargo che parte oggi (il 5 luglio, ndr) da Baikonur trasporta un nuovo portellone e una nuova centralina elettrica. In ogni caso, per allacciare nuovamente le linee di alimentazione sconnesse i due astronauti russi debbono “entrare” nello Spektr passando attraverso un airlock: si tratta di una specie di anello di congiunzione fra due moduli contigui che funziona anche come camera stagna. I due astronauti devono prima indossare le tute pressurizzate Orland, poi aprire il primo portellone, richiuderlo, depressurizzare l’airlock e poi aprire il secondo portellone per entrare nello Spektr. Ma il diametro dell’airlock è di soli due piedi e mezzo (75 cm.) e c’è il pericolo che le tute Orland possano strapparsi.

L’operazione, originariamente prevista fra il 10 e il 14 luglio, è stata ieri spostata al 17. Da Mosca sostengono che il tutto potrebbe richiedere cinque ore, quindi nei limiti di autonomia delle tute per attività extraveicolari. Dall’ispezione del modulo danneggiato ci si attendono dei dati, anche se al buio non sarà facile trovare la fessurazione che ha portato alla decompressione del modulo. Le riparazioni – dichiara il centro controllo russo – non sono nella possibilità di questo equipaggio. Non a caso se ne sta addestrano un altro che dovrebbe arrivare sulla Mir intorno alla seconda settimana di agosto.

Fino a quel momento il pericolo che la stazione debba essere evacuata d’urgenza è piuttosto elevato. Se questo accadesse, la Mir dovrebbe essere considerata persa, perché nessuno sarebbe in grado di rientrarvi. E’ questo il motivo per cui l’ente spaziale russo chiede all’equipaggio di tenere duro. E’ un gioco sul filo del rasoio, ma non è la prima volta che la Mir tiene tutti con il fiato sospeso.

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