L’agricoltura secondo le donne

Tiuosso Sanda Hamila è una donna del Niger. Nel suo paese è una produttrice agricola di latte ed è anche leader della Piattaforma Contadina e membro della Roppa, la Rete delle Organizzazioni Contadine e dei Produttori Agricoli dell’Africa. Josephine Atagana del Cameroun è invece agricoltrice e allevatrice e membro di un’altra organizzazione, il Propac. Sono loro, nei rispettivi paesi, il vero perno dell’agricoltura e dell’economia, alle prese ogni giorno con desertificazione, assedio delle monoculture, crisi dell’agricoltura familiare strozzata dalla liberalizzazione dei mercati. Le loro esperienze sono state al centro del convegno “Globalizzazione e Sovranità Alimentare. Dalle politiche alle pratiche: la parola alle donne contadine tra Africa e Italia” organizzato a Roma da una serie di organizzazioni (Terra Nuova, Crocevia, Roppa, Coldiretti, Cipsi /chiama l’Africa, Ari e Aiab) e dal Forum delle donne per l’agricoltura per la campagna EuropAfrica-terre contadine. A confronto donne produttrici, organizzazioni di categoria, sindacaliste, rappresentanti dei movimenti sociali e delle istituzioni per valutare l’impatto della liberalizzazione dei mercati sulle economie rurali in Africa ma anche in Italia, e lanciare nuove strategie di solidarietà in costruzione tra nord e sud del mondo.

L’agricoltura familiare produce cibi di qualità e rappresenta uno spazio di impiego, e i territori rurali assicurano in Africa casa e cibo all’80 per cento della popolazione, e anche nell’Unione Europea costituiscono il 90 per cento del territorio. Ma essa deve fare i conti con molti problemi. Nella maggior parte dei paesi africani meno del 5 per cento della spesa pubblica è destinata all’agricoltura, dominano le monoculture e la desertificazione, senza contare lo scarso accesso al credito, i mercati controllati dalla grande distribuzione e l’insufficiente considerazione del ruolo delle donne. “Sono loro le principali attrici dell’agricoltura, svolgono le attività produttive e vendono, comprano e rimodellano il prodotto trasformandolo nel pasto quotidiano”, ha raccontato Ann Naanyu Kilele, contadina keniota, responsabile per le donne nella Federazione keniota di produttori agricoli. “Eppure non hanno accesso al credito, non possono possedere i terreni, non hanno liberamente accesso alle risorse come l’acqua e l’energia né all’istruzione. Questo perché non sono rappresentate politicamente”.

Problemi ben diversi in Italia, ma con un fondo comune. L’agricoltura globalizzata anche da noi soffre “il nuovo latifondo, provocato dall’accentramento delle terre comprate in blocco ai piccoli produttori dai grandi gruppi della distribuzione, capaci di produrre, movimentare e dettare prezzi e condizioni”, ha Antonella Bellanca, produttrice di kiwi nel Lazio e membro della Confederazione Italiana Agricoltori (Cia). Inoltre, come lamentato da altre produttrici, gli investimenti pubblici anche in Europa, grazie ai fondi della politica Agricola Comune (Pac) premiano per l’80 per cento le grandi imprese e il commercio, non l’agricoltura contadina sostenibile e di qualità.

A difesa di questo modello agricolo familiare, serve quindi una risposta comune: progetti di scambio e di cooperazione tecnica tra organizzazioni contadine del sud e del nord del mondo, politiche internazionali ed europee che finanzino di più le piccole realtà a conduzione familiare piuttosto che le coltivazioni intensive e che sostengano l’immagine della donna contadina, che in molti paesi dell’Africa non può ancora possedere legalmente le terre di cui è la principale forza lavoro. Solo attraverso una lobby comune si potrà promuovere la valorizzazione dei prodotti, lo sviluppo di abilità nella trasformazione, nella negoziazione dei prezzi, nel marketing, e il cambiamento delle politiche generali, dagli accordi Wto che escludano l’agricoltura dai negoziati sugli scambi a una moratoria degli accordi bilaterali come i Negoziati di Partenariato Economico (Ape) portati avanti dall’Europa.

La prima proposta concreta di scambio nord-sud del mondo è venuta dall’Assessorato all’agricoltura della Regione Lazio, che ha annunciato la costruzione, insieme a EuropAfrica, di un progetto di partnership tra le produttrici del latte del Mali e le realtà zootecniche laziali. “Un progetto pilota di cooperazione su colture locali che abbiamo proposto anche ad altre regioni” spiega Nora McKeon di EuropAfrica “come, per esempio, il riso che vede in partnership Piemonte e Burkina Faso e frutta e verdura per Liguria e Togo, Toscana e Niger”.

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