L’algoritmo salva-immagine

    Cosa ha a che fare la fluidodinamica con il restauro di un dipinto danneggiato? Il legame c’è ed è un algoritmo eseguito al computer. Crepe, graffi o addirittura una scritta superimposta possono essere completamente rimossi con una tecnica, ripresa dalla fluidodinamica appunto, che si basa sulla risoluzione di un certo numero di equazioni differenziali alle derivate parziali. L’idea di automatizzare il processo di integrazione di un’immagine danneggiata è nata dall’unione delle conoscenze di Guillermo Sapiro, ingegnere informatico specializzato in “image processing” presso la University of Minnesota, e di Andrea Bertozzi, matematica specializzata in fluidodinamica presso la Duke University.“L’idea di base, che in parte imita il modo di procedere di un restauratore professionale, è l’uso di una tecnica matematica per far ‘estendere’ l’informazione sulle linee e sui colori dai margini verso l’interno dell’area dove l’immagine è danneggiata o mancante”, spiega Sapiro. “Abbiamo trovato che il modo in cui tale informazione si propaga è matematicamente vicina alla propagazione dei fluidi.” Da qui l’intuizione di usare le stesse equazioni della fluidodinamica per creare un algoritmo matematico in grado di recuperare l’informazione perduta”.Sapiro, Bertozzi e il loro team riescono a simulare il propagarsi di varie tonalità di grigio in una certa area a partire dalle informazioni ricavate lungo il suo contorno. In altre parole, in base al modo in cui queste tonalità sono disposte lungo il bordo, usano un set di equazioni per ‘riempire’ l’area interna. Queste equazioni infatti specificano le direzioni e le velocità con cui le varie tonalità di grigio si ‘diffondono’ all’interno della regione specificata. La procedura viene poi ripetuta finché non si ottiene un pattern stabile che completa l’immagine. Nel caso di immagini con più colori la tecnica viene applicata separatamente a ciascun colore fondamentale. Le informazioni ottenute, ricombinate assieme, generano i colori finali. “L’utente seleziona la regione da riempire. Quindi, nel giro di pochi secondi, il computer esegue il programma ”, spiega Sapiro.Ma perché usare il calcolatore per qualcosa che da anni fanno manualmente i restauratori di professione? In realtà, la procedura manuale è lunga, dispendiosa e, soprattutto, soggettiva: là dove il colore è stato scrostato via o una parte è stata danneggiata, il restauratore si deve affidare alla propria intuizione e ‘indovinare’ l’aspetto dell’immagine originale. Ovviamente anche il computer è impotente se le lacune sono molto estese e l’informazione viene a mancare. Ma entro certi limiti l’algoritmo può “riempire” le parti d’immagine deteriorate grazie ai dati ricavati intorno all’area danneggiata. E lo fa in modo oggettivo.Le applicazioni non finiscono qui. Il procedimento può infatti essere impiegato nel restauro dei film, così come per rimuovere dettagli non desiderati da un’immagine digitale o per migliorarne la risoluzione. Nel caso della trasmissione di immagini, per esempio, si può verificare che i dati debbano essere compressi oppure che l’informazione venga danneggiata a causa del rumore di fondo nella trasmissione. Anche in questi casi l’algoritmo ricostruisce e recupera l’immagine. La stessa tecnica permette anche di ingrandire un’immagine elettronica senza perdere in risoluzione. L’immagine in questo caso è una griglia di punti chiamati pixel. Se, per esempio, una figura di 64 pixel viene notevolmente ingrandita, l’immagine appare sfocata perché mancano dei dettagli. L’algoritmo è però in grado di “reintegrare” ogni pixel, aggiungendo i tasselli necessari per ridare all’immagine la sua risoluzione originale. I fondi per questa ricerca sono stati stanziati dall’Office of Naval Research (Onr) americano, che ha mostrato un vivo interesse per le applicazioni di questa tecnica nella codificazione e trasmissione di immagini. La marina militare, per esempio, si ritrova spesso a dover trasmettere fotografie o video di sorveglianza attraverso canali “disturbati”. E anche quando il rumore di fondo non c’è, nella compressione di un’immagine si perdono pixel e dunque informazioni rilevanti. “Questo algoritmo getta le basi per una nuova tecnica per la codifica e la trasmissione delle immagini”, ha dichiarato Wen Masters, direttore scientifico dell’Onr. “Possiamo sfruttare l’idea trasmettendo soltanto l’informazione essenziale affinché l’algoritmo possa poi ricostruire l’originale a partire dai dati ricevuti.”

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