L’appassionante storia della longitudine

John Harrison. Chi era costui? Un umile artigiano che nell’Inghilterra del XVIII secolo costruiva orologi. Ma anche un uomo di genio, capace di scoprire il metodo per misurare la longitudine, cosa fino ad allora considerata praticamente impossibile. A Harrison e alla sua lotta contro l’establishment accademico, inviperito per essere stato battuto sul tempo da un profano, è dedicato lo spettacolo teatrale “Il tempo al di là del mare: l’appassionante storia della misura della longitudine”, presentato in anteprima nazionale il 12 e 13 giugno al Teatro della Tosse di Genova dalla compagnia fiorentina “I Fratellini”, nell’ambito delle manifestazioni del Congresso dell’Istituto Nazionale di Fisica della Materia. Il testo, liberamente tratto dal libro “Longitudine” dell’americana Dava Stobell, è di Annalisa Bianco. Dal prossimo settembre lo spettacolo sarà nei teatri di tutta la penisola.

Non è certo la prima volta che il teatro incontra la scienza. Esistono precedenti illustri (basti pensare al “Galileo” di Bertold Brecht). La differenza è che questa volta il palcoscenico viene usato a fini di divulgazione scientifica. E con successo, a quanto pare. “L’anteprima – dice Francesco Gorini, responsabile delle relazioni esterne dell’Infm – è andata molto bene. Il Teatro della Tosse era pieno. La comunità scientifica si è dimostrata entusiasta dell’esperimento. L’accoglienza è stata sicuramente positiva, sia per l’iniziativa sia per lo spettacolo in sé. Tanto che abbiamo già ricevuto alcune richieste di replica”. Fra i progetti futuri, infatti, oltre alle rappresentazioni nei teatri, c’è anche quello di proporre la pièce in occasione di incontri scientifici simili all’InfMeeting.

Il soggetto, del resto, si presta allo scopo. La storia di Harrison e della sua scoperta è infatti appassionante quanto un buon libro di avventure. La ricerca di un metodo per misurare la longitudine era diventato un affare di stato per le nazioni che lottavano per il dominio dei mari, in primo luogo Inghilterra e Francia. Molti scienziati dedicavano la vita alla materia. In palio, oltre alla gloria, c’erano anche molti soldi. Il problema è che tutti guardavano al cielo, sperando di trovare una risposta nelle stelle. Ma la soluzione era più prosaica: bastava costruire un orologio abbastanza preciso. A capirlo fu Harrison, che per sua sfortuna era solo un umile artigiano. Tanto umile che invece di incensarlo per la sua scoperta, l’establishment scientifico gli fece una guerra senza quartiere. Solo in punto di morte l’orologiaio ebbe la soddisfazione di vedere i suoi meriti riconosciuti (anche se in via non ufficiale) da Re Giorgio V.

L’idea di trarre uno spettacolo teatrale dal libro che narra la storia di Harrison è stata di Luciano Pietronero, docente di Fisica della Materia all’Università La Sapienza di Roma. “Il testo della Stobell – dice – è un affascinante esempio di divulgazione scientifica. Consiglio a tutti di leggerlo. Io stesso ho scoperto cose che ignoravo. Ad esempio, sono venuto a sapere che gli osservatori di Greenwich e di Parigi non furono costruiti per scrutare le stelle. O meglio: l’obiettivo era certo quello di osservare gli astri, ma lo scopo finale era di scoprire il metodo di misurazione della longitudine”.

Nonostante il suo entusiasmo, Pietronero non ha partecipato alla stesura del testo. “Diciamo che ho avuto un ruolo di proponente all’interno dell’Infm – afferma -. Si sono talmente appassionati al soggetto da volerne fare uno spettacolo teatrale. Dopo, ho partecipato alla scrittura della sceneggiatura solo in qualità di consigliere scientifico. Il direttore della compagnia “I Fratellini” è venuto a Roma per parlare con me. Ho fatto qualche proposta e dato qualche consiglio. Tutto qui”.Dal libro della Stobell, Annalisa Bianco ha tratto uno spettacolo in forma di dialogo tra due personaggi. Uno, ovviamente, è Harrison; l’altro è l’Astronomo, che rappresenta l’establishment scientifico del suo tempo. Più piani si sovrappongono nei loro discorsi. Da una parte il dato storico, vale a dire la cronaca della lotta di Harrison per vedersi riconoscere il merito della sua scoperta; dall’altra il dato scientifico, cioè la spiegazione del mistero della misurazione della longitudine. Ma c’è anche un altro livello, che forse è il più affascinante: l’eterna lotta tra il genio solitario e il potere.

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