L’Atene dei Maya

“I Maya”, è stato scritto, “volevano mostrare l’ambiguità dell’universo, dove ogni cosa può contenere il suo contrario”. E questo, infatti, è lo spirito artistico di una delle più grandi civiltà precolombiane, che è protagonista dal 3 ottobre fino al 1 gennaio 1998 di una mostra al Palazzo Reale di Milano. “I Maya di Copan, l’Atene del Centroamerica”, raccoglie circa trecento opere d’arte provenienti dall’antica città dell’Honduras, Copan, e da altri centri del paese centroamericano. Attraverso le ceramiche dipinte, gli ornamenti di giada, gli utensili cerimoniali, le stele e le sculture si ripercorrono i tre grandi periodi, preclassico, classico e postclassico che dal 2000 a.C. al 1500 d.C. hanno visto fiorire il popolo Maya. Una civiltà che, per la sua complessità e originalità, occupa una posizione di rilievo tra le antiche culture dell’America centrale. Ma proprio la complessità e gli enigmi nascosti nelle opere ostacolano chi vuole entrare in contatto con questo popolo misterioso.

L’arte Maya, infatti, non raffigura mai quello che sembra rappresentare. Non era il realismo a interessarli. I Maya non scolpivano un serpente, ma piuttosto l’idea di un serpente. Ecco allora i dipinti con il Sole e un uccello a colori vivi posato su un albero che simboleggia il mondo. Ma una delle sue ali è la mascella spalancata di un serpente, simbolo della Terra, del sotterraneo. Tra queste immagini cosiddette “duali”, la più frequente nelle rappresentazioni Maya è quella del “giaguaro-serpente”, dove il felino è il Sole notturno, che al sorgere del giorno si trasforma in rettile.

Nel periodo del loro maggior splendore (250-900 d.C.) i Maya occuparono le vaste pianure di Yucatan, Honduras, Messico, Guatemala e Salvador per un totale di 350mila chilometri quadrati di territorio. Proprio in questo periodo Copan, la città dove fiorirono gli studi di matematica e astronomia, la seconda per estensione dopo Tikal, si distinse tra le 116 città Maya anche per la scultura, tanto da esserne considerata la capitale. I reperti presentati alla mostra milanese provengono per la maggior parte proprio da questa città: sono pezzi veramente eccezionali. Come l’Altare G1, una grande lastra su cui si avvolge il “serpente piumato” che simboleggia con le sue due teste il ciclo della vita e della morte. Ma anche il celebre “uccello acquatico”, le sculture con la “testa con acconciatura zoomorfa” e le “Stele” su cui è scolpita l’immagine del sovrano accanto all’albero che sta a significare un legame totale tra cielo e terra. Certo, è ancora lunga la via da percorrere per giungere a una totale comprensione della civiltà Maya. Ma per chi volesse tentare di decifrare qualche enigma in più di questo popolo, prima di recarsi alla mostra e avventurarsi tra le opere reali, segnaliamo su internet il Museo virtuale di Copan e il Maya Art and Books.

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