Le cose che pensano

    In quasi tutti i laboratori di ricerca si tenta di “prevedere il futuro”: si studiano sistemi fisici, chimici o biologici per capire come funzionano e come evolveranno. Ma c’è un posto, dalle parti di Boston negli Stati Uniti, dove di questa missione hanno dato un’interpretazione un po’ particolare: “il modo migliore di prevedere il futuro è costruirlo”. E’ il MediaLab, del Massachusetts Institute of Technology. E’ lì che sono stati ideati gran parte dei sistemi che oggi usiamo quotidianamente per interagire con i nostri computer. Ed è lì che, oggi, studiano e inventano i computer che noi useremo tra 5, 10 o 15 anni.

    Dichiarare di “costruire il futuro” non è forse il modo migliore per farsi prendere sul serio. Ma quelli del MediaLab ci sono riusciti visto, che 150 colossi dell’economia mondiale, che non si fanno certo incantare dalle fantasticherie di qualche computer-maniaco, investono ogni anno più di 25 milioni di dollari nella sua attività. Così al MediaLab continuano a ideare, progettare, sperimentare e costruire il mondo in cui tutti noi ci muoveremo domani. Un mondo che nei giorni scorsi ci è stato anche raccontato, nientemeno che da Nicholas Negroponte, durante una conferenza tenuta presso la sede della Telecom, che nel 1985 del MediaLab fu uno dei fondatori e che oggi ne è il direttore. Ed è un mondo a metà tra l’affascinante e lo sconcertante quello intravisto da Negroponte, autore qualche anno fa di un best seller come “Essere digitali” (Sperling & Kupfer, 1995) in cui ci spiegava l’epocale passaggio da un mondo dominato dagli oggetti e dalle cose fatte di duri e pesanti atomi a uno in cui invece imperano gli impalpabili ed evanescenti bit. Ecco dunque alcune delle (pre)visioni che Negroponte ha raccontato a Galileo.

    Allora, professor Negroponte, come saranno i computer di domani?

    “Saranno senza dubbio molto diversi da quelli che abbiamo visto finora. Le loro capacità usciranno dai grossi scatoloni che oggi ingombrano le nostre scrivanie per entrare e distribuirsi in tutti gli oggetti della vita quotidiana. Molti si preoccupano di sapere quante persone saranno collegate a Internet in futuro e le stime dicono circa un miliardo entro il 2000. Ma la vera rivoluzione sarà quella delle cose. Oggi gli oggetti in rete sono circa 100 mila (soprattutto telecamere), ma il loro numero esploderà: prevedo che entro i primi anni del nuovo millennio la rete degli oggetti toccherà quota 100 miliardi. Domani i microchip si troveranno nei vestiti, nelle tazzine da caffè, nei pneumatici dell’automobile, nelle sedie. E tutti questi oggetti potranno scambiare informazioni tra loro, magari solo pochi bit, ma quanto basta per costituire un’enorme rete di cose che comunicano e che pensano”.

    Cosa intende per “cose che pensano”?

    “Intendo oggetti che, grazie ai loro chip e al fatto di poter comunicare, sapranno svolgere meglio i compiti per cui sono stati costruiti. Una caffettiera dovrà riuscire fare un caffè migliore e che sia pronto esattamente quando la tazzina comunica che è vuota. Non solo: la mia tazzina conoscerà i miei gusti e dunque potrà “ordinare” un caffè dolce al punto giusto e con una nuvola di latte. Il pneumatico di un’automobile dovrà rendersi conto di quando gli serve una gonfiatina. Al primo distributore lo comunicherà alla pompa che provvederà. Pneumatico e pompa se la sbrigheranno anche con il pagamento perché l’automobile sarà dotata di una sorta di scheda pre-pagata per i servizi di manutenzione e il prezzo di ogni prestazione verrà scalato automaticamente. All’esaurimento della scheda sarà poi la stessa automobile a collegarsi con la mia banca per ricaricarla. E io non dovrò più preoccuparmi di preparare il caffè, controllare le gomme e nemmeno di pagare il benzinaio”.

    Ma questo è proprio ciò che occupa la mente della maggior parte di noi durante la giornata. Non ci ritroveremo un po’ viziati quando saranno le cose stesse a risolvere queste faccende?

    “Una volta, chi poteva permetterselo, aveva servitori e maggiordomi che si occupavano proprio delle piccole seccature quotidiane. Non è che per questo i signori avessero una vita meno interessante, anzi. Domani, le ‘cose che pensano’ faranno qualcosa di simile a ciò che facevano i maggiordomi e a noi resterà semplicemente più tempo per occuparci di ciò che ci interessa veramente: leggere, vedere gli amici, fare dello sport”.

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