Categorie: Società

Le frodi scientifiche andrebbero perseguite penalmente?

Le frodi scientifiche dovrebbero essere trattate come crimini? Una domanda più che mai attuale, in periodo in cui (complici casi di cronaca eclatanti come quello degli studi sulle staminali ritirati recentemente da Nature) la comunità scientifica internazionale sta prendendo sempre più coscienza di quanto la ricerca sia in realtà vulnerabile alle bufale. Per cercare una risposta, il British Medical Journal (Bmj) ha deciso di organizzare sulle sue pagine un faccia a faccia tra due esperti internazionali. A sostenere la necessità di sanzionare penalmente le frodi scientifiche (ovviamente quelle deliberate) è stato chiamato Zulfiqar A Bhutta, co-direttore del Centre for Global Child Health dell’Hospital for Sick Children di Toronto. La posizione dei garantisti, invece, è stata affidata a Julian Crane, del Wellington Asthma Research Group dell’Univeristà di Otago, in Nuova Zelanda.

L’intervento di Bhutta si apre con qualche dato. Uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences ha analizzato ad esempio tutti i 2047 articoli ritirati da riviste scientifiche prima del 3 marzo 2012, scoprendo che in oltre il 67% dei casi la causa è attribuibile a negligenze sul piano scientifico da parte degli autori, in molti casi riconducibile ad autentiche e deliberate frodi. Il numero degli articoli ritirati ogni anno sembra inoltre in continuo aumento, visto che è cresciuto di 19 volte tra il 2001 e il 2010.

Secondo Bhutta, sanzionare penalmente la manipolazione deliberata delle ricerche potrebbe dunque tamponare questa fioritura di bufale. Frodi che, ricorda lo scienziato, possono avere un enorme impatto sulla salute umana, a livello globale. Come esempio, Bhutta cita il caso di Andrew Wakefield, l’inventore della bufala su vaccini e autismo.

I suoi studi manipolati infatti hanno causato un’enorme diminuzione della copertura vaccinale in tutto il mondo, ma nonostante la frode sia stata smascherata, gli articoli ritirati e il loro autore radiato dall’albo, il medico inglese vive oggi come un uomo libero negli Stati Uniti, con il sostegno economico dei suoi supporter. Per impedire casi come questo, conclude Bhutta, “è arrivato il momento di considerare le frodi scientifiche al pari di quelle criminali, e trattarle di conseguenza”.

Diversa ovviamente l’opinione di Crane. Secondo il medico neozelandese infatti, criminalizzare le frodi scientifiche non fermerebbe gli scienziati poco onesti, ma rischierebbe invece di minare la fiducia della popolazione nei confronti della scienza, e potrebbe mettere in pericolo anche gli scienziati che agiscono in buona fede. Il problema è che tra negligenza e frode esiste un confine molto labile. Una delle definizioni più accettate di negligenza ad esempio è “comportamento, intenzionale o meno, che non raggiunge i necessari standard sul piano etico o scientifico”. Intendendo la parola in questo senso, assicura Crane, pochi scienziati possono affermare di non essere mai stati negligenti nella loro carriera.

Il medico neozelandese però ricorda che proprio un editor del Bmj, Richard Smith, ha affermato di recente che negligenza scientifica è solamente un “modo elegante per definire le frodi”. “Siamo dunque tutti, per quanto elegantemente, dei truffatori?”, si chiede polemicamente Crane. Anche guardando ai numeri inoltre, secondo lui il fenomeno andrebbe molto ridimensionato. È vero che il 67% degli articoli ritirati a partire dal 1977 era viziato da errori scientifici o frutto di frodi deliberate, ma guardando all’intera produzione scientifica del mondo, si tratta di numeri molto piccoli: circa un articolo ogni 18.234. Troppo poco, secondo Crane, per definirla un’emergenza. La sua opinione dunque è che bisognerebbe evitare di criminalizzare la ricerca scientifica, e che l’onere di aumentare la vigilanza anti-bufale dovrebbe toccare alla comunità scientifica e agli istituti di ricerca, piuttosto che alla polizia.

Riferimenti: British Medical Journal doi: http://dx.doi.org/10.1136/bmj.g4532

Credits immagine:Brian Turner/Flickr

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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