Categorie: Vita

Le impronte digitali conservano tracce del nostro passato

Dall’analisi delle impronte digitali si potrebbe risalire ai nostri antenati. Lo hanno capito Ann H. Ross della North Carolina State University e Nichole A. Fournier della Washington State University esaminando le impronte dell’indice destro di 243 persone. La ricerca, pubblicata su American Journal of Physical Anthropology, è stata condotta su donne e uomini afroamericani e caucasici (di origine euroamericana), allo scopo di individuare eventuali caratteristiche specifiche attribuili al genere o alla stirpe di discendenza.

Mentre il confronto tra uomini e donne non ha fornito dati rilevanti, la comparazione tra persone afroamericane ed euroamericane ha evidenziato differenze significative tra i due gruppi, ad indicare come le impronte digitali rivelino tratti unici non solo per il singolo individuo ma anche per il suo gruppo etnico di appartenenza. E non è tutto. Secondo i risultati della ricerca, le differenze etniche si riscontrano anche nei dettagli più piccoli, osservabili in quello che gli esperti chiamano “livello 2”.

Infatti, l’esame di un’impronta digitale – ovvero l’alternarsi di creste e solchi visibili ad occhio nudo sui polpastrelli delle dita delle mani (detti dermatoglifi), e caratterizzati dall’immutabilità (non cambiano nel tempo) e dall’irripetibilità (sono specifiche in ognuno di noi) – può essere effettuata a partire da tre livelli d’analisi, caratterizzati da un dettaglio sempre maggiore.

Il livello 1, solitamente utilizzato dagli antropologi per studiare le strutture delle popolazioni, permette di individuare i tipi di pattern (archi, anelli e spirali) e i conteggi delle creste, ma non è sufficiente per capire a quale persona appartenga un’impronta. Nel livello 2 si scende più nel dettaglio, analizzando variazioni specifiche delle creste (dette minuzie), “uniche” in ogni individuo: in particolare le biforcazioni (i punti in cui si dividono) e le terminazioni (quando si interrompono bruscamente). Infine il livello 3 permette di osservare dettagli microscopici come i pori per la sudorazione, ma richiede l’acquisizione di immagini ad altissima qualità non sempre ottenibili. Quest’ultimi due livelli vengono impiegati nelle investigazioni forensi, poiché consentono di risalire all’identità di un individuo ed accertarne, ad esempio, la presenza sulla scena di un crimine.

Concentrandosi sul livello 2, le ricercatrici hanno osservato come la probabilità di avere delle biforcazioni fosse sei volte maggiore nella popolazione afroamericana rispetto a quella euro-americana. Una differenza significativa in grado di predire il ceppo d’origine di una persona.

In realtà l’ipotesi di una corrispondenza tra gruppi etnici ed impronte digitali era stata già dimostrata in passato in ricerche che, però, si erano soffermate al livello 1, confrontando caratteristiche più generali come la frequenza dei diversi tipi di pattern. Lo studio attuale, oltre a fornirne un’ulteriore conferma, dimostra come la storia dei nostri antenati sia identificabile anche nei dettagli più piccoli dei nostri polpastrelli: l’equivalente di riconoscere una catena montuosa non grazie alle principali cime (livello 1) ma osservando la forma dei suoi ruscelli e sentieri (livello 2).

“Il nostro è il primo studio ad analizzare il problema a questo livello di dettaglio, e i risultati sono estremamente promettenti”, afferma Ann Ross, sottolineando, però, come molto lavoro debba essere ancora svolto utilizzando gruppi più ampi e con origini più diversificate.

La ricerca, inoltre, combinando una variabile come le minuzie con l’analisi delle diverse strutture inter-etniche, studiate dagli antropologi a livello globale, rappresenta non solo una novità metodologica, ma anche un invito alla collaborazione tra antropologi e investigatori forensi. Secondo gli autori, infatti, questi risultati rafforzano la complessità dei meccanismi biologici alla base dello sviluppo stesso delle impronte, la cui comprensione sempre più profonda consoliderà ulteriormente la scienza delle impronte e la validità del loro utilizzo nelle indagini investigative.

Riferimento: Fournier, N. A. and Ross, A. H. (2015), Sex, Ancestral, and pattern type variation of fingerprint minutiae: A forensic perspective on anthropological dermatoglyphics. Am. J. Phys. Anthropol. doi: 10.1002/ajpa.22869

Credits per l’immagine: Jason Armstrong/Flickr CC

Tiziana Moriconi

Giornalista, a Galileo dal 2007. È laureata in Scienze Naturali (paleobiologia) e ha un master in Comunicazione della Scienza conseguito alla Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Collabora con D la Repubblica online, Salute SenoLe Scienze, Science Magazine (Ed. Pearson), Wired.it.

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