Le microplastiche che inaliamo si ritrovano nei polmoni

microplastiche
(Foto: FLY:D on Unsplash)

Ci sono diversi modi in cui il nostro organismo può essere contaminato dalle microplastiche. Le ingeriamo, le assorbiamo attraverso diversi tessuti (per poi trovarle nella placenta oppure in circolo nel sangue), ma non solo: le inaliamo, facendole depositare nei tratti più profondi del nostro apparato respiratorio. È quanto emerge dai risultati di uno studio a cura dei ricercatori dell’Università di Hull, nel Regno Unito, pubblicati sulla rivista Science of the total environment

In particolare, gli scienziati hanno rilevato 39 diverse particelle di plastica in campioni di tessuto polmonare prelevato da esseri umani viventi: i polimeri più presenti erano il polietilene (il materiale di cui sono fatti i sacchetti di plastica e alcuni imballaggi) e altre plastiche normalmente contenute in vernici, nelle strade, negli pneumatici e nei tessuti sintetici. Secondo gli autori, questi risultati suggeriscono che l’inalazione rappresenti una via di esposizione regolare all’inquinamento da microplastiche.


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Un’esposizione onnipresente e inevitabile

Sul nostro pianeta, le microplastiche – le particelle di plastica più piccole di cinque millimetri di diametro – sono ovunque e gli esseri umani ne sono costantemente esposti. Di conseguenza, sono sempre di più gli studi che rilevano la presenza di microplastiche in diversi distretti corporei del nostro organismo, con effetti ancora sconosciuti sulla nostra salute: nell’intestino di adulti e bambini, nella placenta di donne incinte e, come vi avevamo raccontato qui, nel circolo sanguigno. In particolare, le cosiddette microplastiche aerodisperse (e cioè quelle che si trovano sospese nell’aria che respiriamo) sono state rilevate e isolate in molti luoghi del nostro pianeta: in centri urbanizzati, in abitazioni al chiuso, ma anche in spazi all’aperto lontani dalle grandi città. Ciò significa un’esposizione onnipresente e inevitabile, rendendo estremamente plausibile l’idea che le microplastiche vengano inalate e si depositino nei polmoni degli esseri umani.

Lo studio

Per comprendere il potenziale che hanno le microplastiche sospese nell’aria di penetrare nell’apparato respiratorio ed eventualmente causare danni, era necessaria un’analisi accurata dei tessuti polmonari derivanti da persone viventi. Infatti, studi precedenti, condotti su campioni di polmoni di cadaveri oppure derivanti da biopsie effettuate per tumori al polmone, avevano già rilevato la presenza di minuscole fibre e particelle di plastica, ma nessuno prima d’ora ne aveva analizzato la quantità o la loro composizione. 

Lo studio a cura del team britannico, infatti, è il più approfondito in questo ambito: esso ha utilizzato 13 campioni di tessuto polmonare da esseri umani viventi e li ha analizzati con tecniche spettroscopiche per individuare le particelle di microplastica, tenendo conto anche della possibile contaminazione dovuta al maneggiamento dei campioni in laboratorio. 

In 11 dei 13 campioni analizzati i ricercatori hanno individuato 39 particelle di plastica, tutte aventi un diametro superiore a tre micron. Analizzando la composizione delle particelle rilevate, è emerso che i polimeri più presenti fossero il polietilene, il polipropilene e alcune resine, materiali che si trovano nei sacchetti di plastica, negli imballaggi, nelle vernici, nelle strade, negli pneumatici e nei vestiti realizzati con materiali sintetici. Un altro risultato sorprendente è relativo alla loro distribuzione: i ricercatori, infatti, hanno trovato la maggior concentrazione di particelle plastiche nella parte più profonda del tratto respiratorio, dove sono presenti gli alveoli polmonari, porzione dove non si pensava che esse potessero arrivare perché troppo grandi.

Una via di esposizione alle microplastiche

“Ciò è sorprendente, in quanto le vie aeree sono più piccole nelle parti inferiori dei polmoni e ci saremmo aspettati che particelle di queste dimensioni venissero filtrate o intrappolate prima di arrivare così in profondità”, afferma Laura Sadofsky, autrice senior dello studio.

I risultati, si legge nello studio, suggeriscono che l’inalazione possa essere una via regolare di esposizione alle microplastiche per gli esseri umani, i quali potrebbero respirare e accumulare nei tessuti polmonari particelle ben più grandi di quanto ipotizzato in precedenza: non è ancora chiaro, comunque, cosa accade a queste particelle una volta che si sono depositate nei polmoni e soprattutto, come per gli altri tipi di esposizione alle microplastiche, che effetti esse abbiano sulla salute umana. Ma questo studio può essere un punto di partenza proprio per fare luce sulla questione.

“La caratterizzazione dei tipi e dei livelli di microplastiche che abbiamo trovato può ora fornire condizioni realistiche per esperimenti di esposizione in laboratorio, con l’obiettivo di determinare i loro impatti sulla salute umana”, conclude Sadofsky.

Via: Wired.it

Credits immagine: FLY:D on Unsplash