Le vittime dell’amianto

Nei soli paesi industrializzati, ogni anno si verificano 30mila nuovi casi di cancro bronco-polmonare e di tumore della pleura correlati all’esposizione all’amianto. Sono queste le stime presentate all’XI Congresso annuale della European Respiratory Society, attualmente in corso a Berlino. Nonostante le severe normative che limitano la produzione e l’impiego di amianto in molti paesi e che hanno effettivamente contribuito a un calo dell’incidenza della fibrosi polmonare (asbestosi), l’anno scorso la produzione globale di amianto ha superato i due milioni di tonnellate. Tra i maggiori produttori, la Russia con 700mila tonnellate, la Cina con 450mila tonnellate e il Canada con 335mila tonnellate. Marc Letourneux, del Centro medico universitario Côte de Nacre, in Francia, fa il punto della situazione: “poiché i tumori causati dall’amianto impiegano anni a manifestarsi, ci aspettiamo un aumento dell’incidenza di queste patologie almeno fino al 2010-2020. In Francia, in quel decennio, potremmo arrivare a 150 decessi all’anno, quasi il doppio rispetto al biennio 1996-97”. Un altro studio presentato da Krassimir Mitchev, dell’ospedale Erasmus di Bruxelles, dà un’idea degli effetti dell’esposizione su un campione casuale di popolazione urbana: una persona su sette si porta dietro le “cicatrici” dell’esposizione all’amianto, come ad esempio placche sulla pleura e elevate concentrazioni di minerale nel tessuto polmonare. L’unico modo per disinnescare questa temibile “bomba a orologeria” è, secondo i ricercatori, un uso mirato di test diagnostici preventivi. Paul De Vuyst, presidente dell’Occupational and Environmental Health Group, che ha sede a Utrecht, auspica la creazione di una task-force europea che centralizzi i dati epidemiologici e identifichi i gruppi di popolazione che maggiormente possono beneficiare del monitoraggio diagnostico. (f.n.)

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